Cucina, arte e nobiltà d’animo. E ricchezza… perché un “artista non è mai povero”.
È ciò che afferma Babette, quando spende la sua vincita alla lotteria per preparare un mega pranzo di cucina francese per le persone per le quali lavora e a cui sente di essersi affezionata.
L’arte culinaria, manifestata nella più nobile delle espressioni, la cucina francese, è il sottile filo conduttore, ma soprattutto la chiave di volta, di una situazione che sembra irrisolta e irrisolvibile. Il regista Gabriel Axel, ispirandosi a un racconto di
Karen Blixen, porta in scena un piccolo capolavoro di delicata grazia e di struggente e serena malinconia, valsogli il premio Oscar nel 1987 come miglior pellicola straniera.
Il film si presenta come un vero capolavoro di autenticità e semplicità dei sentimenti, che corrono lungo le storie, i vissuti e soprattutto i silenzi e i sapori.
Il pranzo, preparato da Babette per i suoi commensali, è l’atto di straordinaria e genuina riconoscenza che si manifesta nel servizio. Preparare un piatto di alta cucina è pari a un atto di amore, senza doppi fini, senza attese, elargito così spontaneamente nella sua naturale dimostrazione di gratuità.
Con estrema maestria Babette si destreggia tra i fornelli, aiutata da un giovane del luogo e quando il pranzo arriva in tavola, è un tripudio di straordinari piatti d’Oltralpe. Durante tutto il pasto, dalla prima all’ultima portata, i dodici commensali non pronunciano una parola, per rimanere ligi alla loro morale puritana ma, dalle espressioni soddisfatte dei loro volti, si comprende quanto abbiano apprezzato quel dono fatto ad arte.
Gli invitati, alla fine del sontuoso banchetto, sono riconciliati spiritualmente e fisicamente. Tra loro regna finalmente l’armonia: le storie intricate di tutti presenti, che per anni e per via delle difficoltà, soprattutto comunicative, della vita li avevano costretti a situazioni complicate, sembrano ad un tratto sciogliere nodi e tensioni.
Il pranzo di Babette è un film delicatamente drammatico, corale, in grado di snocciolare i vissuti dei protagonisti con disarmante e disincantata autenticità. È un film che appassiona, che stringe l’animo, mettendo a nudo l’affascinante debolezza umana e la difficoltà di comunicare e avvicinarsi. Eppure, in tutto questo, irrompe con disarmante semplicità l’arte del cucinare, del preparare, del condividere emozioni e sensazioni attraverso il pasto, rappresentazione tangibile, ancestrale e quotidiana dell’amore umano.