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I maestri del lievito madre e il nuovo sapore di un’arte antica

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a cura di Mafalda D’Onofrio

Il vecchio detto “buono come il pane” negli ultimi anni porta con sé doverose specifiche: il pane buono è quello di grano duro, cotto nel forno a legna e fatto lievitare con lievito madre.
Per quest’ultimo è scoppiata una vera e propria mania, tanto che aumenta di giorno in giorno il numero dei panifici che lo propongono, dei ristoranti che vantano autoproduzioni e pizzerie che ne adottano il nome come propria insegna.
E sono anche tanti quelli che lo preparano in casa per il consumo familiare, secondo una tecnica apparentemente semplice ma figlia di etica, capacità e numerose sperimentazioni. Una tradizione che sa di comunità e solidarietà, un tempo si donava ai vicini di casa per “avviare” nuovi impasti, oggi si cercano “spacciatori di pasta madre” sul web. Il pane fatto con il lievito madre, la cosiddetta lievitazione acida, richiama sapori antichi che molti hanno dimenticato: è decisamente più buono, ha un profumo fragrante e soprattutto un gusto migliore, dal punto di vista strettamente salutistico è più digeribile e nutriente e si conserva più a lungo. “Il pane fresco da fare tutti i giorni è un’altra stramberia moderna”, sostiene Eugenio Pol, icona del lievito naturale, che nel suo laboratorio Vulaiga, nel Vercellese, fa confluire nei suoi impasti la formazione di chimico, l’esperienza del cuoco e la maestria della lievitazione.
Ma sbagliamo a pensare che la pasta madre sia dominio esclusivo di forni e pizzerie. La pasticceria si sta facendo portavoce di una riscoperta artigianalità, grazie anche a una rilettura in chiave originale delle più classiche prelibatezze da forno.
Una pasticceria in cui non serve solo manualità ma saper “sentire il lievito”, ascoltarlo e instaurare un rapporto intimo con lui” come sostiene Santi Palazzolo; “in esso c’è la natura e la natura non si domina” – afferma Paolo Sacchetti. “Puoi cercare di approcciarti nel migliore dei modi, utilizzare ogni accorgimento possibile, ma c’è sempre qualcosa di incontrollabile, di imponderabile… come nella vita”.

Il lievito madre è tornato ad essere protagonista di una nuova forma di panificazione, dolce o salata che sia, più umana, rispettosa della materia viva, e attenta alla qualità delle farine ma senza rinunciare alla ricerca e alla sperimentazione nelle tecniche di gestione e “rinfresco”, a partire da Beniamino Bazzoli e Rolando Morandin. I testimoni di questa rivoluzione che torna all’antico, i “retro-innovatori”, si sono incontrati a luglio nella Food Valley italiana, a Parma, per la “Notte Dei Maestri Del Lievito Madre”, durante la quale si è parlato dell’importanza delle materie prime, del lievito vivo e di un modus operandi fatto di cura, passione e pazienza, ma soprattutto una degustazione di oltre sessanta tipologie di lievitati, tutti realizzati con il lievito madre da parte di oltre trenta pasticceri, con l’intento di destagionalizzare delizie troppo spesso relegate ai periodi di feste e ricorrenze.

Panettoni e Colombe, figli della tradizione che, tra le mani sapienti dei maestri, primi tra tutti Iginio Massari e Achille Zoia, diventa ricerca raffinata da cui nascono lievitati particolarissimi: la brioche con caffè e limone di Anna Sartori, o il suo panettone estivo, con un contenuto ridotto di zucchero e frutta fresca al posto dei canditi, con una conservazione più breve per esaltarne la freschezza; il Pan De Riso, che Salvatore De Riso realizza tutto l’anno con lo stesso impasto del panettone ma nello stampo del plumcake; il Giulebbe di Paolo Sacchetti, un panfrutto con i fichi secchi di Carmignano e noci al posto dei canditi.

Dolci che non possiamo più chiamare “panettoni” perché non rispondono ai requisiti imposti dal decreto legge, come la Focaccia di Tabiano, il dolce simbolo di Claudio Gatti (l’ideatore dell’evento), ma che possono proporre un nuovo profilo degustativo, talvolta audace, virando sul salato, come la Focaccia del Contadino con pere e Parmigiano Reggiano e la Focaccia con Robiola di Roccaverano, Mandorle di Noto caramellate e Sale di Cervia di Attilio Servi.
Riletture del classico, nuovi sapori che ricordano la tradizione ma stupiscono per innovazione e azzardo degli accostamenti che possono generare una trasformazione dei consumi perché, senza esagerazioni, questo tipo di lievitato crea una felice dipendenza.

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