Iginio Massari: il Leon d’Oro della pasticceria

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Intonazione professionale, domande scritte su un foglio per non farmi tradire dall’emozione; un sentimento misto di riverenza, ammirazione e agitazione. Non capita mica tutti i giorni di trovarsi “a tu per tu” con il più grande pasticcere italiano! Iginio Massari, Leone d’Oro alla carriera, presidente d’onore della Coupe du Monde de Pastisseriè (primo presidente di giuria straniero in terra francese per altro). Dal 2011 la sua pasticceria bresciana è la migliore d’Italia nella guida del Gambero Rosso ed ha vinto oltre 300 premi, concorsi e riconoscimenti nazionali e internazionali.

Maestro, lei ha aperto la Pasticceria Veneto nel 1971 su desiderio di sua moglie; da dove nasce invece la voglia di aprire una “boutique” a Milano? E perché proprio adesso?
“Era un desiderio che avevo da molto tempo, ma non trovavo il posto giusto. Poi c’è stata un’occasione, e l’ho presa al volo. Ho aperto in Piazzale Diaz e a due passi da Piazza Duomo. Era quello che cercavo. Milano è un balcone commerciale sul mondo, la spinta che hai in questa città è totalmente diversa da quella di tanti altri luoghi, soprattutto provinciali”.

Milano, la capitale della moda. C’è anche una moda che influenza le sue creazioni?
“Il mondo cambia, non solo nella moda; il mondo cambia in tutto. Anche nell’alimentazione, per il semplice motivo che gli interscambi a livello di comunicazione sono talmente elevati che le culture si intrecciano spietatamente; dico spietatamente perché si perdono quasi sempre le identità reali, purtroppo. E per di più la comunicazione non viene fatta da specialisti, ma dal mondo intero: oggi tutti credono di avere la verità in tasca e questo, invece, non avviene quasi mai. Le verità bisogna scavarle, cercarle, guardarle… e vederle. Oggi invece si parla tanto senza una cultura della storia, senza conoscere il passato, e questo è un vero peccato”.

Lei ha spesso dichiarato che se le ricette usate sono perfette, si avrà un prodotto buono.
“Sì, ovviamente se si rispettano le regole, perché se le regole sono scritte ma non si leggono, difficilmente si avrà la risposta, ovvero un ottimo risultato. Sa, quando si parla di un prodotto “tecnologico”, questo è basato sui numeri, e di questi numeri non bisogna rispettare solo i primi due, bisogna rispettarli tutti fino alla fine”.

Questa è la parte matematica dell’arte della pasticceria, ma cosa è che fa la differenza?
“Io penso che il mondo giri su una base matematica; probabilmente tanti non lo sanno, ma è la mia opinione”.

Maestro, le dico tre parole e lei mi risponda d’istinto con ciò che le viene in mente.

  • Creatività.
    “Non esiste. In qualsiasi lavoro, non esiste. Se noi guardiamo alla creatività nel senso più completo della parola e siamo credenti, ci rendiamo conto che chi ha creato è stato solo una grande divinità, che qualcuno ha chiamato Dio. Noi scopriamo, mescoliamo, facciamo delle cose…. Qualcuno la definisce fantasia, ma secondo me la fantasia ce l’ha solo chi non ha le capacità. Vede le contraddizioni come sono: si dice che gli italiani sono un popolo di gente piena di fantasia, ma se uno è nei guai, riesce a uscirne solo per conoscenza (padroneggiando i metodi e le regole), non per la fantasia”.
  • Sacrificio.
    “Non esiste. Se tu fai una cosa che ti piace è come fare l’amore con una bella donna: poi non puoi dire che ti sei sacrificato per un quarto d’ora o una giornata intera. Normalmente fai ciò che fai perché ti piace. E se ti piace non c’è sacrificio. C’è piuttosto piacere, c’è gratificazione, qualcuno la chiama felicità, io no, ma quel che è certo è che ti porta a una serenità completa. Per me il lavoro è un divertimento e mi gratifica.
    Per un santo, fare Brescia Milano sull’asfalto con le ginocchia nude e arrivare alla meta solo con le ossa non è un sacrificio, perché è attraverso il dolore che lui si santifica; per lui è la realizzazione di se stesso.
  • Curiosità.
    “É lo spirito dell’innovazione. Chi non ha curiosità rimane vecchio anche se ha solo 20 anni”.

Perché lei si definisce un artigiano e non un artista?
Perché l’artista fa una cosa che non è più ripetibile, mentre l’artigiano deve fare delle cose ripetibili alla portata di tutti e la sua capacità è quella di fare delle cose straordinarie che incantano le persone. L’artista deve saper prevedere quello che sarà il nostro futuro, e questo è talmente complesso che per me diventa sempre difficile definire qualcuno un artista”.

E qual è la magia incantatrice che i suoi dolci infondono?
“La magia è innanzitutto quella di capire e di conoscere le materie prime e poi cercare di capire la gente, che è una cosa già molto più complessa. Io cerco di non fare quello che piace a me, ma ciò che piace agli altri”.

Il dolce che più la rappresenta?
“Non c’è, perché in ognuno metto sempre tutto me stesso in egual misura. Metto sempre in campo e a disposizione tutto quello che ho imparato negli anni”.

La pasticceria, e in particolar modo la pasticceria italiana, oggi ha qualcosa da insegnare?
“Tutti abbiamo qualcosa da insegnare e tutti abbiamo qualcosa da imparare. Solamente i francesi dicono che loro insegnano e basta!”.

Come si diventa Iginio Massari?
“Basta avere amore per quello che si fa, tanta curiosità e non dichiararsi mai sconfitti”.

Quanto sono importanti le persone che incontriamo nel corso della nostra vita per quello che poi scegliamo di fare?
“Io penso che ogni persona che incontriamo incida sul nostro modo di agire e di fare, magari poco, ma accade sempre. Anche quelle persone che sembrano negative alla fine ci danno qualcosa e chi non presta attenzione e non è curioso spreca un sacco di tempo a parlare del buio quando magari ha già le lanterne in casa”.

C’è qualcuno che ha avuto un ruolo veramente fondamentale nella sua scelta di fare il pasticciere?
“Senz’altro mia madre. Lei faceva la cuoca, faceva dolci e soprattutto gelateria. Il mondo della cucina faceva parte del suo mondo. Mio padre invece era un funzionario statale, due mondi completamente diversi: una iniziava presto al mattino e finiva tardi la sera, l’altro incominciava tardi al mattino e finiva presto il pomeriggio”.

Qual è la sua filosofia di vita?
“Probabilmente la ho sempre sbagliata, soprattutto nei confronti dei miei figli, perché come le dicevo prima per me lavorare non è un sacrificio ma è un divertimento, perciò anche io, come mia madre, incomincio presto e finisco tardi, e loro, i miei figli, mi vedono lavorare 18 ore ininterrottamente. Ma non mi lamento per quello che faccio, perché lo faccio con gioia, lo faccio perché lo voglio. Per me le ferie sono un sacrificio, star lì con le mani in mano a far nulla, mi sembra di sprecare il mio tempo. Per qualcuno sembrerò un matto e forse hanno anche ragione. Però è il mio modo di vivere. Credo di essere nato proprio per fare il pasticciere perché nel farlo riesco a utilizzare sia l’intelletto che la manualità; sono due cose che vanno a braccetto, anche se all’inizio del ‘700 iniziarono a premiare le idee ma poi andando avanti nel tempo si è data più importanza alle manualità e oggi non ho capito se vale di più la manualità o il proporre cose innovative”.

Maestro, è vero che lei scrive poesie?
“È la mia più vera dannazione!”

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