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La merenda sinoira: la leggenda dell’aperitivo storico di Torino

L’aperitivo è una cosa seria. Un momento di relax dopo il lavoro, alternativa light alla cena o rituale tra amici. In Italia non si può prescindere da questo appuntamento. Diamo il via quindi a una nuova rubrica, grazie alla quale andremo alla scoperta dei migliori aperitivi della storia d’Italia. Iniziamo il nostro viaggio dal capostipite degli aperitivi, un aperitivo storico, nato a Torino più di 200 anni fa in una bottega sotto i portici di Piazza Castello, un vino aromatizzato ottenuto con infuso di erbe e spezie: il vermouth, diventato l’aperitivo per antonomasia e uno dei simboli della città. Il vermut, o vermutte, oppure vermouth in francese e vèrmot in quella piemontese, fu inventato da Antonio Benedetto Carpano, partendo dai vini speziati greci e romani e dagli infusi nati in Italia nel 1500. Nella sua bottega, Carpano addizionò del  Moscato di Canelli  con spezie ed erbe. Il nuovo liquore era davvero eccezionale e la liquoreria in cui Carpano lavorava divenne il locale più frequentato di Torino. Carpano battezzò la nuova bevanda con il nome di Vermouth, dal tedesco Wermut, l’Artemisia, la pianta che costituisce l’ingrediente più caratteristico del nuovo vino. Se a Carpano dobbiamo la tradizione, a Martini dobbiamo il successo del vermouth nel mondo grazie agli investimenti e alle intuizioni di marketing, come le celeberrime terrazze Martini che fiorirono fra gli anni 50 e 60 a Parigi, Milano, Barcellona, Londra e San Paolo. Qui si dava appuntamento il jet-set e qui lavoravano alcuni dei barman più famosi al mondo, riportando e salvando di fatto il vermouth dal declino.
Il Vermouth  deve contenere almeno il  75% di vino e la sua gradazione alcolica minima deve essere pari o superiore al 14,5% e non superiore al 22%. Può essere gustato da solo, o più frequentemente è utilizzato come base dei cocktail più famosi al mondo, come l’Americano e il Negroni. Ad accompagnare la storica bevanda è la merenda sinòira, uno “spuntino sostanzioso”, nato in origine per essere consumato nel tardo pomeriggio, intorno alle 17-18, o comunque prima dell’ora della sina, la cena, dai contadini di rientro dai lavori nei campi. Pane casereccio, salame, formaggio, peperoni arrostiti, frittata con erbe di campo, oppure la tipica sòma d’aj ovvero aglio fresco strofinato sul pane raffermo e un filo di olio d’oliva proveniente dalla vicina Liguria: sono questi gli stuzzichini (si fa per dire) della merenda sinoira.

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In origine, il vino della merenda, o meglio la bevanda che la accompagnava sinoira era la Pichèta, ottenuta facendo rifermentare i graspi esausti con acqua e grappoli di San Martino. Tra le proposte tipiche piemontesi nell’aperitivo è possibile trovare anche l’Albese, fettine finissime di fassone condite con olio extravergine d’oliva, aglio, limone, scaglie di grana e pepe, il Batsoà, fettine sottili tratte da un pasticcio di piede di vitello o di maiale bolliti e ribolliti nel proprio brodo con aceto, servite fredde con olio d’oliva e sale o impanate e fritte in olio; il Vitel tonné, cacciatorini, acciughe dissalate, tomini e la lingua di fassona condita con la bagnet verd, una tipica salsa piemontese a base di prezzemolo, aglio e acciughe sotto sale, spesso servita con il bollito, sui tomini, sulle acciughe oppure su altre pietanze.

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