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BOB: piacere, bellezza e gusto

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Un posto dove star bene, soprattutto un nuovo approccio al gusto e alla scoperta.
Si chiama BOB ed è il caratteristico Lounge bar in zona Isola a Milano, che fonde un’anima asiatica con una mediterranea, e che ha fatto del drink una vera e propria filosofia di vita. Il tutto condito da un pizzico di brio e dalla capacità di osare sempre. E così, quindi, che a BOB si ammicca ai drink che hanno fatto la storia come intramontabili classici, proponendone anche una versione insolita.
Il variegato e complesso mondo dei cocktail e degli abbinamenti al cibo trova la sua espressione in una list firmata da Lucian Bucur. Il food qui è un complemento e un accompagnamento, mai forzato e cervellotico, quanto una sorta di attore non protagonista, da gustare in compagnia di un ottimo drink.
La regia del concept è dei gemelli Hu, Luca e Michele, già molto conosciuti a Milano per il popolarissimo locale “The Chinese Box”. Grande cura e attenzione per i dettagli, dall’arredamento di grande appeal all’atmosfera soffusa, alla costante ricerca del particolare adatto nel drink e nel food.

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Se vi capita di passare da queste parti, e l’invito è più che sentito, potrete provare la nuova drink list ispirata al tema del viaggio e della contaminazione culturale.
L’idea è partita dal barman Cesar Araujo che, insieme al team del locale, ha realizzato la nuova carta, composta da otto signature drink, ispirati ognuno ad una storia di contaminazione di culture, di “spostamenti” e movimenti migratori, che hanno contribuito all’evoluzione del concetto di drink.

Un viaggio nel mondo del beverage costellato di storie diverse e accattivanti, contaminazioni di sapori e intuizioni che hanno segnato epoche, diventando iconiche rappresentazioni del loro tempo.

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Com’è nata l’idea di una drink list ispirata alla “contaminazione” culturale?
L’idea nasce perché è un argomento che ci tocca nel profondo. All’interno del BOB siamo quasi tutti nati fuori dall’Italia, la proprietà è di origine Cinese, il mio secondo viene dallo Sri Lanka, io sono nato in Perú. Volevamo una lista che ci rappresentasse e raccontasse storie leggere.

Qual è, tra i nuovi cocktail, quello a cui sei più legato e perché?
Animal Tropical, mi rappresenta a pieno, il Pisco distillato di Uva Peruviano e le note del mais viola sono note che riconosco bene e fanno ricordare la mia infanzia in Perú.

Come nasce un nuovo cocktail?
Nasce prima nel razionalizzare la struttura del menu e pensare ai collegamenti che possano nascere e immaginare la sapidità che vogliamo ottenere. Mi piace giocare spesso con una parte speziata e una fruttata che vadano in contrasto o si intreccino bene. La parte del distillato mi deve aiutare a fortificare i sapori e mantenerli il più a lungo possibili insieme, la temperatura più è alta di un cocktail e più avremo i sapori separati, per questo alcune volte li presentiamo in Coppetta o in ghiaccio, spesso ci fa comodo che il cocktail cambi nel tempo di bevuta, che si trasformi in base alle temperature l’intervista così che ricordi per bene i sapori che ci sono all’interno. Il cocktail nasce per creare un ricordo nei nostri ospiti e far sí che possano tornare a trovarci.

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A cosa ti ispiri di solito quando crei una nuova list?
Mi piace osservare come la gente affronta le mode nel quotidiano. Quest’ultima drink list è stata creata in modo che ad ogni cocktail fosse dedicata una pagina intera come se fossero dei manifesti o dei poster. Ho lavorato molto anche dal punto di vista grafico. Ho creato ogni pagina della lista, collegando i colori con la storia del drink ed la tonalità annessa. Ho seguito questo percorso perché le persone sono incentivate a scegliere un cocktail in base anche al colore, e a noi sta il compito di creare la miglior rappresentazione di esso. Per i colori mi sono lasciato ispirare dai ricordi e da suggestioni iconiche collegate a specifici territori, europei ma non solo.

Se dovessi descriverti utilizzando più cocktail, quale saresti e perché?
Sicuramente mi rivedrei in un Garibaldi (Campari & Orange) per iniziare, ma poi diventerei un Milano/Torino, continuando per un Old Fashioned, e in fine sarei un Martini
Cocktail.

In che modo si è evoluto il mondo della mixology?
Si ricerca sempre più la pulizia formale. Il principio “less is more” vale anche per il mondo dei cocktail. Il mondo della mixology ha capito che il meglio non sta nel fare una ricetta intramontabile ma nel coltivare e stabilizzare rapporti duraturi con i nostri ospiti e questo passa dalla nostra professionalità e dal rispetto per quello che facciamo. Sento parlare sempre della fruibilità nel servizio e sono d’accordo con questo metodo di lavoro, ci permette di essere veloci e precisi e poterci dedicare di più ai nostri ospiti.

Quali sono le caratteristiche che un bartender deve possedere per diventare un vero professionista?
Rispetto delle persone che ci danno la possibilità di creare il nostro migliore “habitat” per lavorare. Perché noi siamo una sorta di “guardiani” del nostro spazio di lavoro e dobbiamo
rispettarlo: questo è alla base della nostra professionalità.

Com’è nata la tua passione per questa professione?
Guardando chi ha sempre messo la vera passione in questa professione. Parlo di Diego Ferrari, è stato colui che mi ha permesso di formarmi e, da quella esperienza, ho capito che la collaborazione sta alla base del successo.

C’è un sogno che vorresti realizzare nell’immediato?
Riuscire a creare un salotto immaginario dove ospitare ogni sera persone diverse, che sanno stare insieme e creare una sorta di famiglia allargata fuori dalle mura del classico locale. Sarebbe davvero bello…

 

Ph. Credits: Modestino Tozzi

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