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Viaggio in Cina in quattro tappe Mao Hunan, Maoji Street Food, Mini Maoji e Hot Pot insegnano la cucina regionale cinese ai milanesi

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A cura di Chiara Mariani

Cucina Cinese in Italia è stata a lungo sinonimo di involtini primavera, pollo alle mandorle e riso cantonese. Forse per i più avventurieri anche di anatra laccata. Anche a Milano, che vanta una lunga convivenza con la comunità asiatica, questo è lo spettro dei sapori a lungo attribuito alla grande Repubblica Popolare. Credenza curiosa verso una nazione con una superficie di oltre 9 milioni di km2, considerato che nelle nostre 20 regioni abbiamo una varietà incredibile di sapori, ingredienti, stili e tradizioni.

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“È difficile dire “Cucina Cinese” perché ogni regione ha una cultura gastronomica diversa. In alcune prediligono la pasta, i baozi e i ravioli, regioni come l’Hunan amano i sapori spinti e decisi di spezie e peperoncino, mentre le regioni costiere, che utilizzano principalmente il pesce, evitano aromi forti e caratterizzanti per non coprirne il sapore. Ma sta a noi proporre cucine più tipiche e regionali, affinché gli italiani possano scoprirle, e per fortuna in questo momento oltre a noi tanti coetanei stanno iniziando a farlo.”
A parlarcene è Angela Haizhen Lei, la fondatrice, insieme a Jenny e Marco, di Mao Hunan al quale negli anni si sono aggiunti Maoji Street Food, Mini Maoji e il nuovissimo Hot Pot, tutti a Milano. “Il primo ristorante è nato nel 2015 da un’idea semplice e dal nostro personale amore per il cibo, volevamo offrire una cucina che qui non c’era e creare una piccola osteria tradizionale che potremmo trovare in Hunan”. La nostalgia dei sapori di casa è dunque stata il motore tutto, che dimostra quanto in comune abbiano l’Italia e la Cina “La mia socia Jenny è venuta in Italia dall’Hunan per studiare e non trovava da nessuna parte i piatti della sua infanzia, perché i ristoranti cinesi qui erano molto italianizzati, quindi desiderava proporli a Milano convinta che ci fossero molti altri studenti cinesi che ne sentissero la mancanza.”

Quali sono i sapori e che caratterizzano la cucina dell’Hunan?
La cucina della zona di Hunan ha sapori molto determinati e distinti, cuciniamo piatti piccanti realizzati con tante spezie e aglio. Siamo stati fortunati perché il nostro progetto è stato accolto subito dagli studenti cinesi, ma la vera sorpresa è stata che anche i milanesi hanno apprezzato il menù di Mao Hunan”.

Dopo averne ritrovato i sapori i tre soci hanno deciso di ricreare anche l’atmosfera di casa, grazie a Maoji Street Food e al suo arredamento urbano che ci porta a 7000 km da Piazza Aspromonte:
Con Maoji Street Food volevamo offrire l’atmosfera tipica cinese, perché da noi è molto popolare il cibo di strada, e ricreare una piccola via che potrebbe trovarsi ovunque nell’Hunan degli anni ‘70 o ‘80. In Cina si trovano tante bancarelle per le strade che preparano cibo al momento e sono specializzate in un piatto tipico, ad esempio i baozi o i ravioli, e le persone mangiano direttamente per strada. È un’abitudine molto diffusa in tutta l’Asia. Abbiamo creato questo ambiente e strutturato di conseguenza il menù, che offre le tipiche preparazioni da street food quindi dim sum e ramen.”
Ricreati i sapori e l’atmosfera non si sono fermati e hanno deciso, visto il successo dei primi due ristoranti, di far conoscere ai milanesi altre modalità di approcciarsi al cibo e di consumarlo.

Come nascono Mini Maoji e Hot Pot?
“Mini Maoji è un progetto molto innovativo. Volevamo mostrare una rivoluzione nella cultura e nel cibo cinese perché la cucina occidentale ha influenzato quella asiatica offrendoci nuovi spunti, abbiamo quindi pensato di proporre dei classici sandwich ma con ingredienti cinesi. Utilizziamo il mantou, un pane morbido bianco, e lo abbiniamo a diversi ripieni, è un approccio nuovo e considerato all’avanguardia anche da noi in patria. È diverso dai primi due ristoranti e si sente meno lo stile di Hunan, anche se cerchiamo di mantenere l’uso di spezie e salse tipiche della nostra regione. L’ultimo arrivato si chiama Hot Pot, come un piatto e un modo di consumare cibo che amiamo tantissimo. L’hot pot è un fornello messo in mezzo al tavolo che continua a bruciare e a riscaldare il brodo all’interno del quale si inseriscono ingredienti crudi e li si lascia cuocere lentamente. È come se fosse un barbecue di brodo! Così le persone si riuniscono nella stessa tavola, cucinano insieme e intanto chiacchierano, è un momento di ritrovo e condivisione. Anche questo è completamente diverso dagli altri tre perché attraverso ogni ristorante vogliamo proporre un aspetto diverso della nostra cultura”.

Avete avuto difficoltà a trovare i giusti ingredienti per ricreare i sapori di casa?
“All’inizio è stato molto difficile trovare alcuni ingredienti, soprattutto i peperoncini, perché in passato se ne importavano pochi visto che non c’era il giusto mercato dove proporli. Noi abbiamo una vera cultura del peperoncino, in alcuni dei nostri piatti ci sono anche 4 o 5 tipologie, hanno forme diverse e livelli di piccantezza e flavour variegati, da quello più profumato a quello che sa di frutto”.

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Allora fate la valigia e preparatevi a fare un viaggio in Cina tenendo le gambe sotto al tavolo, e se siete disorientati qui un paio di dritte: “Da Mao Hunan dovete provare i Ravioli di Sichuan con salsa piccante, sono molto classici e caratterizzati dal sapore molto ricco della salsa, che contiene un mix di peperoncini, aglio e aceto, e sicuramente la Pancetta con peperoncino. Da Maoji Street Food consiglierei i classici dim sum quindi Baozi e Ramen in brodo. Da Mini Maoji sicuramente un ripieno con il sapore tipico della Cina, Peking Duck o Pancetta Brasata. Infine da Hot Pot potete scegliere il tipo di brodo che preferite, ai funghi, aspro piccante, solo piccante o di verdure e cucinarci dentro di tutto, dalle verdure al manzo. Io prediligo il brodo piccante ma per chi non è abituato è sconsigliabile!”
Se arrivando in via Porpora non trovate Mao Hunan non vi spaventate, non sarete gli unici che chiameranno Angela dicendo di essersi persi ancora prima di aver cominciato il viaggio. L’insegna dice “Gelateria e Latteria” ed è stata fatta a mano, chissà quanti anni fa, e ritrovata sotto quella del tex mex che era presente quando i tre soci hanno comprato il ristorante “Abbiamo pensato che quell’insegna fosse parte della storia di Milano e quindi abbiamo deciso di lasciarla. aggiungendo semplicemente accanto la nostra: Siamo molto contenti di averlo fatto perchè è unica”. E così, anche grazie a Angela, Jenny e Marco, la storia di Milano continua a intrecciarsi con quella della Cina, in maniera sempre più autentica.

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