intervista-valeria-margherita-mosca-foodlifestyle

Valeria Margherita Mosca: la ricerca si fa wild

Pubblicato da

a cura di Sveva Valeria Castegnaro

“Imparare l’arte del foraging” non per moda ma per passione.

Non appena è stato pubblicato, non ho resistito e l’ho comprato. Solo guardando la copertina ho capito che poteva davvero essere ciò che mi avrebbe fatto comprendere a pieno una disciplina straordinaria e complessa.

Imparare l’arte del foraging” di Valeria Margherita Mosca: un libro completo, approfondito, che quando lo leggi ti sembra davvero di essere equipaggiato alla perfezione e pronto a scoprire, esplorare e raccogliere le erbe spontanee che crescono in montagna, al mare, nella tundra alpina o nella foresta pluviale.

Foto e parole che ti fanno immaginare di essere lì, in quegli habitat così diversi tra loro. Un libro esaustivo, in cui emerge la passione verso questa disciplina, un “racconto” che ti
appassiona così tanto da sentire la necessità di incontrare la sua autrice.
Ho deciso, così, di scrivere a Valeria, per chiederle di raccontarmi, in prima persona, l’arte del foraging e di tutto l’ambizioso progetto che è “Wooding Food Lab”.

Da cosa nasce il libro e tutto ciò che è “Wooding Food Lab”?
“Wooding Food Lab” esiste da una decina d’anni e nasce dalle passioni della mia vita: la cucina, l’esplorazione della natura e la ricerca. Sono una persona molto curiosa, mi piace molto riflettere, pensare ed esplorare. Ho fondato questo food lab mettendo assieme tutte le conoscenze che avevo acquisito fino ad allora, quello che mi aveva insegnato mia nonna, cioè l’arte della raccolta, i miei studi di antropologia e la mia esperienza in cucina. Tutti elementi a cui, poi, Stefano, il mio socio, ha aggiunto altri valori e tematiche fondamentali per arrivare a quello che siamo oggi. “Wooding” è un’azienda che si occupa di ricerca e sviluppo. Ha come obiettivo il fine scientifico di catalogare, dal punto di vista chimico-nutrizionale, i cibi selvatici esistenti sul pianeta. Tramite questa ricerca svolgiamo, poi, altre attività, quali la consulenza per l’elaborazione di prodotti a basso impatto ambientale, attività di marketing, di storytelling, di formazione, di divulgazione in generale e per mezzo della degustazione.

Che cos’è per te la sostenibilità?
La sostenibilità è parte integrante del foraging. Ti insegna a considerare l’ambiente come una risorsa da utilizzare: il forager raccoglie quello che poi mangia, ma ti insegna a farlo
nel rispetto più totale dell’ambiente circostante. Questa disciplina è regolata da un insieme di leggi che sono codificate e che si trovano in tutti i manuali, leggi che ti insegnano a raccogliere con buon senso e con discrezione. Un forager non è mai una persona che va a saccheggiare l’ambiente ma è una persona che, al contrario, entra in armonia con esso e che coopera con l’ambiente. Per noi sostenibilità è cooperazione
e sinergia con l’ambiente.

L’inquinamento, tema caldo dei nostri giorni, come influisce sull’attività del forager?
Noi siamo dei grandissimi osservatori dell’ambiente e dei cicli naturali. Sicuramente stiamo vedendo dei grandissimi cambiamenti negli ultimi anni. È anche vero, però, che
considerando le cose in un’ottica più ampia, ci sono dei cambiamenti ciclici che hanno sempre interessato i vari ecosistemi. Bisogna fare una distinzione tra i cambiamenti che avvengono in maniera naturale e quindi in maniera
spontanea, e quelli che sono indotti dall’agire umano e che possono essere davvero gravi e letali.

Qual è l’habitat che ami o che ti incuriosice di più?
Sono affascinata un pò da tutti gli habitat. Mi piace la natura in tutte le sue sfaccettature. Quello che amo di più in assoluto è quello della montagna e dell’alta montagna. È un habitat che mi ricarica tantissimo a livello personale.

E l’habitat più estremo in cui praticare il foraging?
In realtà l‘ambiente che riserva sempre più sorprese è comunque l’alta montagna. L’alta montagna è davvero un ambiente con cui devi entrare in sinergia, un ambiente verso
cui devi avere molta umiltà perchè è completamente fuori controllo e anche se ti prepari al 100% puoi avere sempre molte sorprese.

Come descriveresti la vostra cucina e l’esperienza di degustazione che proponete?
La nostra degustazione è, forse, diversissima da ogni altra. Generalmente noi consideriamo ingredienti da foraging quegli elementi che nella maggior parte dei ristoranti vengono considerati solo delle garnish o elementi secondari. I nostri menu hanno un’impronta assolutamente diversa, perché le cene o le esperienze vengono realizzate quasi esclusivamente con ingredienti wild e già questo pone davanti a tutta una serie di sapori sconosciuti. Anche il nostro approccio verso le tecniche di cucina e i piatti è completamente diverso. Non siamo interessati all’estetica di un piatto, siamo distaccati da quella dimensione. Quello che vogliamo veicolare attraverso le nostre proposte gastronomiche sono sempre le tematiche della cooperazione con l’ambiente e della sostenibilità alimentare. Questa filosofia si traduce in una scelta quasi maniacale dell’ingrediente e in questo senso la gastronomia diventa un mezzo, un tramite per parlare di tematiche più importanti.

Il vostro rapporto con la tecnologia?
In realtà per i nostri menu degustazione scegliamo sempre di usare pochissima tecnologia. Le cotture sono lente e avvengono quasi tutte per mezzo del fuoco. Inoltre siamo esperti di fermentazione. “Wooding Food Lab” è uno dei punti di riferimento nella formazione sulla fermentazione in Europa. In cucina, quindi, di tecnologia ce n’è molto poca, mentre ci avvaliamo della tecnologia per la ricerca scientifica.

Capita spesso di scoprire nuovi alimenti selvatici?
Questo è proprio il fulcro della nostra ricerca. Noi non lavoriamo solo sulla tradizione alimurgica, ma stiamo catalogando dal punto di vista chimico-nutrizionale delle specie che non sono mai state considerate come cibo. Abbiamo già catalogato più di 9000 vegetali selvatici commestibili.

Quanto tempo impiegate mediamente per elaborare un nuovo piatto?
I nostri piatti non sono il frutto di esercizio stilistico quanto di ricerca nutrizionistica e sugli ingredienti, sulle materie prime e sulle cotture. Per questo l’elaborazione di un nuovo piatto può richiedere mesi.

Cosa apportano di più gli alimenti selvatici a un piatto?
C’è una sostanziale differenza tra i vegetali selvatici e quelli coltivati. Questi ultimi hanno subito una selezione imposta dall’uomo e molto spesso, durante questa selezione, l’uomo ha preferito avvantaggiare alcuni aspetti come la produttività della pianta, l’aspetto estetico del frutto, la sua resistenza alle malattie e alle condizioni climatiche, tralasciando, invece, aspetti più importanti come le caratteristiche organolettiche e i principi attivi.
Quando abbiamo a che fare con il cibo selvatico troviamo una materia che certamente è più ricca di principi attivi. Ma questo significa anche che questa materia bisogna conoscerla e saperla usare al meglio, dato che alcuni di quei principi attivi possono avere anche delle controindicazioni.
In secondo luogo, poi, quando trattiamo cibo selvatico ci troviamo di fronte a sostanze, con caratteristiche organolettiche molto più pronunciate, con sapori e consistenze così particolari da sembrarci quasi ostiche.

E questo aspetto deve essere valutato quando viene preparato un piatto.
Se dovessi scegliere una ricetta?
Le mie ricette preferite sono sicuramente quelle che prevedono di cuocere a fuoco diretto le radici delle materie selvatiche. La ritengo un tipo di cottura particolarmente interessante perché è semplice, immediata e forte. Mi piace anche tantissimo lavorare con le farine di sussistenza, realizzate con ingredienti selvatici. Non ho un piatto specifico preferito, quello che mi piace è ricercare ed esplorare. Il mio lavoro mi dà tutti i giorni la possibilità di farlo, mi diverto tantissimo e non saprei davvero indicare una preferenza.

Che tipologia di persone frequenta o si avvicina a “Wooding Food Lab”?
Non c’è una tipologia specifica. Abbiamo un target davvero ampissimo, dai bambini dell’asilo agli anziani, passando per i professionisti nel settore dell’alimentazione e della miscelazione. Viene gente che è interessata a noi per il marketing o gente che è appassionata di outdoor, di cucina, di stile di vita healty. Il pubblico è davvero vario e il target è trasversale.

Dai vostri progetti vedo che vi interessate molto anche di formazione. Quanto importante è, secondo voi, avvicinare i giovani all’arte del foraging?
È una cosa che facciamo abitualmente. Recentemente stiamo portando avanti un progetto con le scuole superiori. I risultati sono incoraggianti, perché i ragazzi e i bambini imparano a riconoscere nell’ambiente una risorsa da rispettare e questo è un principio fondamentale da insegnare. I giovani di oggi sono gli adulti di domani e, se crescono con l’idea che sia qualcosa di completamente normale, sicuramente avranno una visione e dei comportamenti diversi.

Quali sono i progetti per il futuro?
Abbiamo tantissimi progetti aperti e tantissimo lavoro da fare. Continueremo sicuramente quelli che sono già in atto e ci concentreremo ancora di più sulla formazione dei bambini e degli adolescenti. Poi il nostro obiettivo principale è l’apertura del nuovo Lab che avverrà nei prossimi mesi.

POTREBBERO INTERESSARTI