Roy Caceres intervista food lifestyle

Metamorfosi. Il viaggio saporito, tra storia e culture, di Roy Caceres

Pubblicato da

Per raccontare la cucina di Roy Caceres bisogna davvero fare un viaggio intorno al mondo e lasciarsi conquistare lentamente dai profumi e dai sapori di terre lontanissime. Perchè nei suoi piatti c’è tutto lo spirito nomade di un professionista, e un uomo, che ha fatto del mondo la propria terra, pur custodendo nell’animo il prezioso legame con quella d’origine e, soprattutto, con la storia della propria famiglia.
Con un nonno siriano, una nonna spagnola, natali colombiani e approdi italiani, Roy Caceres è lo chef che racchiude nella sua cucina tutte queste anime messe insieme, eppure distinte.

roy caceres intervista food lifestyle

Quella del nonno siriano, che ha segnato molto la sua infanzia e a cui era legatissimo, tanto – ci racconta – “che è stato proprio lui a lasciarmi un imprinting nel mio modo di cucinare. Ricordo ancora le domeniche, quando preparava i piatti della sua tradizione, come il kibbe, una specie di polpetta fatta con carne di agnello o vitello, bulgur, aromatizzata con menta e cipollotto…ricordo ancora quando me lo fece assaggiare ancora crudo: sapori e profumi che custodisco e che cerco di condividere nei miei piatti per i miei ospiti”. E poi ci sono i sapori di una cucina tipica spagnola, quella di nonna e c’è tutta l’Italia che ha incontrato, appreso e amato in questi anni.

intervista roy caceres
Blu del monviso, uva fragola, pane e aneto

Da lavapiatti in un hotel sul Lago di Misurina, Roy Caceres arriva al ristorante Pellicano nel 2001, nel 2002 è nella brigata della Locanda Solarola dove diventa chef, quindi l’incontro con l’esperto di vino e sommelier Alessandro Pipero, che lo porta nel suo ristorante ad Albano Laziale, per poi aprire, nell’ottobre 2010 a Roma, il Metamorfosi, una stella Michelin dal 2012.
E non poteva forse chiamarsi diversamente, il ristorante di Chef Caceres che, anche nel nome, racchiude il suo essere aperto a diverse culture, approcci e pensieri, in continuo, costante, prezioso cambiamento, che è per lui, fonte di arricchimento.
E di cambiamenti, Roy Caceres ne ha visti tanti, lui che ha spesso dovuto “cambiare pelle” nel corso della sua vita. Basti pensare che, appena arrivato in Italia, si era subito fatto notare per le sue doti da cestista, una carriera che non ha potuto coltivare, perché quando sei straniero in terra straniera e senza un permesso di soggiorno, i talenti, purtroppo, non contano.
Ma oltre a quello della pallacanestro, Roy Caceres aveva un altro talento, quello per la cucina, e come spesso accade quando una cosa ti scorre nel sangue, quella cosa diventa la tua strada da seguire, il tuo ikigai, oggi un grande successo.

intervista roy caceres food lifestyle
Risotto opercolato

Mi piace molto il basket – racconta – mi divertivo a giocarci, ma non rimpiango nulla del mio passato. Quella scelta, all’epoca forse sofferta, mi ha permesso di diventare quello che sono oggi e non credo riuscirei a pensarmi in altro luogo se non in cucina. Poi, lo sport mi ha insegnato valori che sono presenti nel mio lavoro in modo imprescindibile: mi ha insegnato l’importanza della disciplina, dello spirito di sacrificio, la voglia di superare i miei limiti con impegno e dedizione, soprattutto mi ha insegnato il senso di squadra. Da soli si costruisce poco, insieme si riesce a vincere”.

Sono proprio questi valori, gli ingredienti principali della cucina di Roy, forse come della cucina di tutti i grandi chef. Un amore viscerale per il proprio lavoro, che nasce prima di tutto da un profondo rispetto per le materie prime, per la tradizione e per la propria terra. E che spinge ogni valido professionista a ricercare, a studiare, a sperimentare, cercando di aggiungere ogni giorno qualcosa di nuovo, diverso, originale a un piatto, affinché diventi la più arricchente e piacevole delle esperienze.

Cosa ti ha insegnato la cucina? – gli chiediamo
“Mi ha insegnato e continua a insegnarmi ogni giorno che non c’è nulla di scontato, che nulla deve essere lasciato al caso e che ogni cosa, in cucina come nella vita, ha un suo valore, un significato preciso, che bisogna onorare, rispettare, custodire, saper condividere”. Umiltà, grande professionalità, infaticabile entusiasmo. Parlare con Roy Caceres è immergersi nello spirito del suo Metamorfosi, un luogo che rappresenta dal 2012, con la stella Michelin di cui si fregia, quella eccellenza italiana in cucina che parla tante lingue.

La stella Michelin – spiega Roy – è sicuramente un riconoscimento importante per tutto il lavoro che c’è dietro quello che facciamo. Ed è uno stimolo a migliorarsi, a non fermarsi, a dare sempre il meglio. senza dimenticare, però, che il lavoro di un cuoco e di chi lo accompagna in questa avventura, non è per la stella ma per le persone”.

Una cucina in continua evoluzione, quella portata a tavola da Chef Caceres, ricca di emozioni diverse, che non è mai uguale a se stessa e che attinge dal mondo una identità che si veste di tanti colori: il rigore nipponico si sposa con la contaminazione tipica mediorientale, l’allegria e il brio della tradizione latina emergono nell’eleganza di piatti che sono il frutto dell’equilibrio e dell’attenzione tutta italiana.

intervista roy caceres food lifestyle
Torrija

Ma se pensate che questo sia scontato, allora non avete il polso di quella che è la concezione del lavoro di chef per Caceres: “Si tratta di un duro lavoro, non basta pensare di avere del talento, è un mestiere che si deve amare, ma ci vuole tanto lavoro e non bisogna soprattutto cadere nella quotidianità. Ogni tanto bisogna allontanarsi dalla cucina per vederla da lontano, riappropriarsene e capirne la bellezza”.

Per uno chef come Roy, abituato a confrontarsi con culture diverse e a ricercare nell’incontro con l’altro l’ispirazione, realizzare un piatto è una sfida davvero affascinante. Lui, che a vent’anni guardava a Massimiliano Alajmo e a Ferran Adrià con grande ammirazione, adesso fa dell’introspezione il suo viaggio creativo. Un viaggio che mentre parliamo, ci porta a un nuovo piatto che Roy sta studiando e sperimentando con la sua brigata, un lavoro sul riso in teglia, che ricorda la tradizionale Pega colombiana, servito però in foglie di platano e con dentro una serie di aromi e profumi che raccontano un animo e un intelletto sempre in movimento…chiamatele pure Metamorfosi.

Ph. Credits: Andrea Di Lorenzo

POTREBBERO INTERESSARTI