Insignito della prima stella Michelin perugina dopo molti anni che la città non ne riceveva una, Marco Lagrimino ha portato una ventata di novità con Luca Caputo, l’ideatore del ristorante, l’Acciuga, nato alle porte della città, dove l’autenticità dei sapori del territorio incontra la contemporaneità. Affiancato da una squadra affiatata e dinamica, sono riusciti a conquistare il cuore e il palato degli Umbri, e non solo, a poco meno di un anno dall’inizio della loro collaborazione passando attraverso i lockdown e le vicissitudini degli ultimi tempi.
Pacato e riflessivo, Marco ha trovato nella cucina dell’Acciuga l’equilibrio perfetto tra lavoro e vita privata. Ama Perugia e si sente un po’ umbro visto che, anche se viterbese, è nato a Orvieto, ha studiato e si è formato lì. Seleziona i fornitori locali e le materie prime, che elabora con una visione a tutto tondo avendo lavorato per molti anni nelle più prestigiose cucine londinesi e avendo visitato quelle asiatiche. Per comprendere i suoi piatti non serve leggere il menù, dove viene citato solo l’ingrediente principale e poco altro, ma bisogna affidarsi al proprio palato e lasciarsi guidare dalle emozioni cercando quel gusto che appaga i sensi, che lo chef con la sua maestria e magia riesce a creare.
Com’è nata la tua passione per la cucina? In famiglia?
Diciamo che a casa mia c’è sempre stata la pentola sul fuoco, i cibi cucinati e i profumi invitanti ma non direi che la mia passione sia nata da lì. É nata piano piano, consapevolmente, grazie alla scuola, che era molto pratica, in cui si facevano tanti eventi, anche esterni, e quindi sono entrato subito nell’ottica di questo lavoro.
Hai lavorato maggiormente all’estero. Perché questa scelta?
Mi sono fidanzato con la mia moglie attuale, che aveva il desiderio di andare all’estero. Avevo sempre lavorato solo nella zona di Orvieto, perché vengo da un paese lì vicino, però era una situazione un po’ piatta e avevo voglia di vedere e fare cose nuove.
Hai fatto esperienze in ristoranti importanti. Li sceglievi tu?
A Nobu, la mia prima esperienza a Londra, sono entrato tramite un amico che lavorava lì. Poi sceglievo dove volevo fare esperienza, mandavo il curriculum e loro mi chiamavano. Londra era molto dinamica all’epoca, c’era un ricambio di personale impressionante, per cui è stato abbastanza facile cambiare da un ristorante all’altro e diversificare così le mie competenze.
Poi siete partiti per il sud est asiatico con Nadia, tua moglie…
Sì, siamo stati in giro tre mesi e mezzo senza meta, abbiamo girato cinque Stati un po’ per svago, ma anche per scoprire e provare la cucina asiatica. Sicuramente l’idea che noi italiani abbiamo del cibo di quella parte del mondo è molto diversa da quello che si mangia e si vede là. Hanno un concetto molto semplice e salutare del mangiare, con ingredienti lavorati il più velocemente possibile, a parte i curry che hanno cotture lunghe.
All’Acciuga prediligete i prodotti a km 0 e i vini naturali?
Sì per la maggior parte. Vado a fare la spesa al mercato di frutta e verdura e pesce, che ovviamente non è locale ma viene da Terracina; per la carne ci rivolgiamo alla Toscana, in particolare nella Val d’Orcia. Il titolare poi è un appassionato di vini naturali e abbiamo una cantina di oltre 500 etichette. C’è una grande attenzione qui in Umbria a questa tendenza ai vini naturali, soprattutto da parte dei giovani.
Qual è la soddisfazione maggior nell’aver preso la stella?
Aver portato le persone al nostro ristorante, che è collocato in periferia, in una zona che la sera è praticamente deserta. A prescindere dalla posizione particolare però, il locale all’interno è molto bello: ben illuminato, moderno, con tutti pezzi di arredamento di design molto ricercati, dalle sedie alle lampade. Ci differenziamo da quello che di solito ci si aspetta da un locale così perché abbiamo un servizio molto più casual, rilassato, teniamo la musica di sottofondo, è più dinamico, anche per chi si approccia per la prima volta a un ristorante stellato. Si deve un po’ uscire da quell’idea che se un ristorante ha la stella deva essere o estremamente costoso o troppo elegante. Il traguardo della stella è prima di tutto la buona cucina e questo non significa che non dev’essere accessibile o comprensibile a tutti.
È cambiata la vostra clientela da quando avete ricevuto la stella?
Decisamente! Ora è tutta nuova ad eccezione di qualche nostro cliente affezionato. Siamo stati pieni tutte le sere, dal 23 novembre non abbiamo più avuto una sera vuota. Finché non lo provi non ci credi ma effettivamente cambia tutto. É una clientela nuova e devo dire che mi ha sorpreso vedere cambiare l’atteggiamento degli Umbri, che prima venivano con un occhio molto più critico considerando che, avevamo prezzi sopra la media, ed eravamo comunque sempre sotto l’occhio del giudizio. Invece ora tutto è cambiato sono molto orgogliosi di avere un ristorante stellato e molto meno scettici, anche se da parte nostra non è cambiato nulla: quello che eravamo prima lo siamo anche oggi. Adesso dobbiamo cercare di mantenerla e continuare a fare un buon lavoro.
Il tuo menù è molto essenziale come la tua cucina: è vero che scrivi solo i due ingredienti principali del piatto sul menù?
Sì, scrivo l’ingrediente principale, quello da cui parte l’idea della creazione del piatto, poi trovo delle connessioni di sapore che ci possono stare bene per un totale di 2 o 3 ingredienti al massimo.
Cosa ami di più del tuo lavoro? La ricerca, la sperimentazione o le relazioni con i clienti?
Principalmente il servizio e il contatto con i clienti. Ovviamente anche la ricerca dei prodotti e delle aziende che ci sono dietro ogni preparazione m’intriga molto.
Qual è la tua cucina preferita quando sei cliente e non chef?
Adoro la pizza! E la cucina asiatica ma qui ci sono solo un paio di ristoranti, non c’è molta scelta.
La stella è arrivata velocissima rispetto al tuo arrivo. Come è avvenuta la comunicazione di questo traguardo?
Devo dire che l’inizio è stato difficile: sono arrivato a settembre 2020, ma poi siamo stati costretti a restare chiusi per via del Covid praticamente da subito fino ad aprile, tolta qualche settimana qua e là. A maggio ci hanno inserito nella guida Michelin on-line e poi ci hanno premiato. È stata una notizia inaspettata: certo stavamo lavorando sodo per arrivarci, ma non ci siamo accorti di nessun ispettore che sia venuto a mangiare qui. Poi sono stato chiamato dal direttore dalla Michelin in una telefonata molto riservata. Naturalmente l’ho detto subito a mia moglie e al titolare. Inizialmente era un po’ incredulo, pensava che gli stessi facendo uno scherzo (ride). Il ristorante è aperto da soli tre anni ed è stata per lui una sua sfida personale tenere duro nonostante tutti dicessero di chiudere perché era in una zona non centrale, quindi è stata una bella soddisfazione anche per lui che qualche sassolino dalla scarpa se l’è tolto.