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“Mangiato bene?” Arte e scienza del criticar mangiando

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a cura di Marco Furmenti

Roberta Schira e la critica gastronomica: non basta sedersi a tavola per poter criticare!

La penna, così come i tasti di un più moderno pc o smartpone, sono strumenti crudeli… funzionano sempre, a prescindere da chi li impugna.
Mai come in questo momento, poter far sentire la propria voce al di fuori del coro è stato così facile e spesso così pericoloso e distruttivo. La democrazia di espressione è una delle conquiste più importanti della nostra epoca…. e allo stesso tempo la più sofferta.
Se lo spazio web di una delle più grandi menti scientifiche degli ultimi vent’anni può contare gli stessi followers di una pagina dilettantistica che difende a spada tratta le proprie idee complottistiche, credo che la questione sia più delicata del previsto.

Ma non parliamo di scienza, o meglio, parliamo di una arte-scienza che è quotidianamente sulle nostre bocche: la gastronomia e la sua lontana cugina, la cucina.
L’italiano deve parlare di cucina e di cibo e, chissà per quale motivo, tutti ne sanno, forse proprio per questa origine italica… o forse no.
Recensire la buona cucina, l’alta cucina, ma anche il bar sottocasa e la bettola di paese non è un processo così semplice e banale come sembra e questo Roberta Schira lo sa!
Nel suo “Mangiato bene?” la Schira non parla mai dall’alto della sua ventennale esperienza in materia di critica gastronomica, ma spiega minuziosamente un metodo universalmente utilizzabile sia da coloro che navigano da anni questo mare di piatti e banchetti, ma anche da coloro che si apprestano a recensire il toast del paninaro di fiducia.
Critici non si nasce, ma si può diventare… non da un giorno all’altro, non per arrotondare lo stipendio, non per cercare di affossare il vecchio compagno di scuola o di rimediare una cena nel ristorante locale.
Roberta Schira, nel suo libro, tocca tutti i punti necessari per intraprendere la scalata alla buona e corretta tecnica di critica gastronomica, dalla separazione dal nostro cibo interiore e la nostra soggettività fino alle tecniche narrative senza saltare nessun passaggio.
Umiltà, passione, buon senso, consapevolezza e soprattutto la competenza sono le regole base da padroneggiare prima di impugnare la penna. Una nota che non ci dispiace affatto è l’invito dell’autrice a mangiare, provare, comparare e imparare a riconoscere il buono e il bello anche in ciò che non piace: perché criticare aspramente un locale per preparazioni di cui non conosciamo l’origine e la tecnica di preparazione è da inesperti. Partite da una banale (ma neanche troppo) fetta di pane con l’olio: carpitene la consistenza, la croccantezza, i profumi, gli aromi e i possibili difetti: allenatevi con prodotti sempre più intriganti e preparazioni più complesse e assaggiate sempre con consapevolezza e sentitevi liberi di fare domande, ma soprattutto fatevele!
Non a caso le 7 regole per la critica gastronomica, perché la numerologia non è mai casuale, dettate dalla Schira, arriveranno solo alla fine di questo viaggio di domande, assaggi, letture e tanto studio.

Tante sono le doti che deve padroneggiare un buon critico gastronomico: alcune spesso sono innate altre si possono acquisire col tempo, basta non lasciare spazio all’improvvisazione e alla foga di voler imbattersi nel mondo del food senza saper la differenza fra un uovo alla coque e uno sodo.
Il libro di Roberta Schira è un ottimo punto di partenza per tutti, nessuno escluso. Fluido, semplice, conciso nei concetti, ma ricco di esempi, in quanto come diceva il grande Marchesi: “L’esempio è la più alta forma di insegnamento”. Non serve essere uno chef a 3 Stelle Michelin per poter valutare e criticare una preparazione, ma prima di accedere a Tripadvisor e sfogare la frustrazione provata davanti ad un piatto di rigatoni, è necessario essere coscienti di cosa si sta per fare e soprattutto… farsi le domande giuste!

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