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Lo stile nordico di Carter Oblio nel cuore di Prati

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a cura di Gianna Bozzali

Da qualche settimana un nuovo ristorante si è affacciato sulla scena gastronomica romana. Il nome è Carter Oblio e si trova al civico 21 di via Belli, nel cuore del quartiere Prati. In un ambiente di contaminazione nordica, dove si respira la ruvidezza della pietra e la durezza del legno ancora fresco, il locale propone un menu dove la parola d’ordine è estemporaneità ed una cucina del “così è se vi pare”, che rifugge previsioni e giudizi. Un’avventura coraggiosa in un anno davvero beffardo che ha messo in attesa il progetto tante volte, ma finalmente, sul finire di un anno complesso per tutte le attività, Carter Oblio ha acceso i fuochi e accolto i suoi ospiti. Carter Oblio nasce come anagramma dei due nomi dello chef Ciro Alberto Cucciniello. Dietro questo ristorante c’è una persona con le sue domande, le sue curiosità, la sua avidità di scoperta. Anni di appunti. E di passioni. La lettura, i viaggi, le materie prime, il fuoco, le cotture, una cucina che predica verità.

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Lo chef, laureato in economia ma votato all’arte dei fuochi, ha esordito nell’equipe di Scabin, e si è consolidato in anni di guida della brigata romana di Settembrini, e nel corso di varie esperienze all’estero. Poi la voglia di creare una cucina carica forza e di appartenenza, che miscelasse le contaminazioni del viaggio con la carnalità del territorio. Tutto declinato secondo estro, estemporaneità, stagionalità.

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Due menu
Carter Oblio offre due menu. Uno dall’impronta più stagionale (ma comunque molto flessibile) e uno in continua evoluzione, praticamente giornaliero, che rincorre a vista il costante procacciamento di materie prime di qualità. Ai clienti viene proposto un tagliere dei pani che annovera una selezione di impasti con lievito madre che spaziano dalle miscele con cacao amaro e noci e quelle con farina affumicata. In allestimento anche un tagliere di salumi artigianali, preparati e stagionati in casa. Ogni preparazione è artigianale in ciascuna fase della filiera.
Nella cucina dello chef le fermentazioni e le affumicature sono molto presenti. Attentissima la ricerca delle materie prime. Con un occhio puntato sulle eccellenze territoriali della nativa Irpinia, come per l’olio di Ravece, i tartufi, i vini del pluripremiato Luigi Tecce che affondano le radici in Irpinia.

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