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La Zizzona di Battipaglia. La star delle mozzarelle di bufala

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a cura di Eva M. Saldari

Per la sua somiglianza a un seno, le è stato attribuito il nome di ‘Zizzona’. Il cognome? Di Battipaglia, la cittadina del Cilento di cui è originaria. Si tratta della mozzarella di bufala prodotta nell’ormai rinomato comune in provincia di Salerno.
Il rituale della mozzarella è universale. La si inizia a pregustare già da quando si apre la busta. Un fiume di acqua lattiginoso fuoriesce dalla plastica e si afferra la pallina bianca al suo interno. Ma quella di Battipaglia non è una mozzarella come le altre.
A colpire l’occhio fin da subito è la sua possanza. Il suo peso può variare da 1 a 5 chili. Lungo il guscio esterno, lucido e perlaceo, scendono gocce bianche, ma la vera sorpresa è quando si affonda il coltello nel cuore compatto e fibroso. La Zizzona piange, versa un lago di liquido pallido. In bocca è scioglievole, il latte che riempie il palato è sapido, con il carattere
deciso e inconfondibile della bufala. La consistenza tra i denti è leggermente elastica e, sulla punta della lingua, rimane un retrogusto dolce. Ma come nasce un’opera d’arte simile?
Le origini oscillano tra mito e realtà. Secondo una leggenda popolare, nel Cilento della Magna Grecia – o degli Etruschi secondo un’altra versione – una ninfa dei boschi chiamata Baptì-Palia mungeva le bufale della pianura che ha preso il suo nome: Battipaglia.
Con le mani faceva filature di caglio, tramite un procedimento segreto; dopodiché tagliava l’impasto in pezzi che ancora oggi si chiamano ‘mozzate’. La ninfa metteva le sfere bianche in cesti di vimini con mirto ed erbe aromatiche. Baptì-Palia svelò poi la sua ricetta a Tusciano, un pastore locale di cui era innamorata, ma il cui nome è anche quello di un dio etrusco della Piana del Sele. Tusciano non mantenne il segreto, ma diffuse tra i pastori la tecnica di questa antica arte, provocando l’ira degli dèi. Non a caso gli antichi Etruschi consideravano il latte di bufala un nettare divino.
La storia della “Zizzona” interseca antichità e tempi moderni. Il suo nome ha raggiunto la celebrità grazie al film ‘Benvenuti al Sud’, con Claudio Bisio e Alessandro Siani. Bisio, in mezzo a un circolo di appassionati gastronomi lombardi, toglie la cloche svelando una soda tetta di latte, la nostra Zizzona. “Il primo segno che è una mozzarella di qualità” dice Bisio “è quando cacc’ u latt”. Strizzata d’occhio ai lettori campani. Ed è proprio a seguito del successo avuto sui grandi schermi che il caseificio salernitano La Fattoria ha deciso di registrare il marchio “La Zizzona di Battipaglia®”, di cui attualmente detiene i diritti come ideatore e produttore esclusivo. La Fattoria nasce nel 1988 da tre fratelli, Luciano, Antonio e Cosimo Paraggio, che volevano seguire una tradizione familiare avviata già dagli anni ‘30. La paternità della Zizzona appartiene a questo caseificio, perché è lì che, in tempi recenti, è nata l’idea di ingigantire la mozzarella di bufala – il cui retaggio come visto è ben più antico – fino a farle raggiungere la dimensione di 15 chilogrammi. Un formato che non può che essere condiviso. Il valore aggiunto di questa pietanza è proprio questo.
La si può mettere al centro del tavolo, su un letto di lattuga a raccogliere il latte, e subito diventa protagonista indiscussa. Da dividere durante una cena tra amici o in famiglia, la Zizzona nuda e cruda può essere una portata a sé. La larghezza e lo spessore permettono di farne un enorme panino in cui la mozzarella sostituisce il pane. Tagliandola a metà in orizzontale, questa gigantesca mozzarella di bufala può essere condita con pomodori pachino e basilico, per farne una caprese dall’aspetto imponente.
Altrimenti, spazio alla fantasia per condimenti più creativi. La si può farcire con della mortadella e delle zucchine grigliate. Si può sostituire la mortadella con la bresaola e la rucola al posto delle zucchine, per una versione più light. Per i più goderecci, invece, l’ideale è mettere della parmigiana di melanzane come ripieno. L’importante è che se ne preservi la forma:
il cappello a forma di tetta rende il piatto scenico e unico. Queste le ricette più diffuse, consigliate da La Fattoria stessa. Ma non dimentichiamo le origini. Il mito parla di mirto ed erbe aromatiche: uno spunto per chi in cucina ama sperimentare. Sempre affidandoci all’antica saggezza popolare, il proverbio recita: “La bocca non è stracca se non sa di vacca”.
Questo perché il sapore dei formaggi riempie e copre il palato, non a caso in antichità si usava mangiare il formaggio a fine pasto invece del dolce. In questo caso il latte non è quello vaccino, ma il principio resta lo stesso. Grazie al suo retrogusto dolce, la mozzarella di bufala potrebbe essere servita come ultima portata per chiudere in bellezza: frutti rossi intorno per una piacevole nota di colore.

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