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La mano di Buddha. Il segreto dell’agrume portafortuna

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Se vi trovate in Cina, ospiti di qualche famiglia, potreste vederlo posizionato al centro della tavola o accostato a simboli e statuette di natura religiosa e potrebbe anche esservi dato in dono come portafortuna. Proprio in Cina, viene chiamato “fo-shou”, in Giappone, invece, viene chiamato “bushukan” ed è uno dei regali tipici che ci si scambia a Capodanno.
Questi nomi strambi indicano quello che comunemente è chiamato “Mano di Buddha”, un frutto esotico dalla forma particolarissima e dal sapore intenso, utilizzato in Oriente in cucina o per profumare gli ambienti domestici e spesso prescritto anche come tonico e stimolante per l’organismo.
A guardarlo, sembra la sagoma di due mani giunte in preghiera, da qui il suo nome. La mano di Buddha fa parte della famiglia degli agrumi, assomiglia molto al cedro, anche se il suo sapore è meno acidulo e la polpa è più dolce e, per il fatto che predilige le zone calde e temperate, ultimamente trova terreno fertile anche in Sicilia e in Calabria.
Se si tagliano le “dita” che lo compongono e le si affettano in senso longitudinale, lo si può mangiare crudo o ricavarne delle marmellate o ancora ricavarne della frutta candita da immergere nel cioccolato fondente e può essere utilizzato anche per la preparazione di bevande a base di alcol, come i liquori. Se avete paura delle calorie, sappiate che è un frutto particolarmente dietetico, poiché fornisce un bassissimo apporto calorico ed è del tutto privo di grassi.
La sua buccia grattugiata, profumatissima, può dare un tocco di freschezza anche in molti piatti, sia dolci che salati.
Non solo, la sua fragranza piacevolmente fresca viene utilizzata per profumare la biancheria e gli armadi.

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