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Terry Giacomello: il genio della follia creativa

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A volte succede, di innamorarsi!
Quando ciò di cui ti innamori è la follia creativa, e chi te ne sta facendo innamorare è il genio di questa follia, la sublimazione è presto detta.

Non pensate all’accezione negativa del termine, alla pazzia. Perché la follia, nel suo senso più puro e vero, è “semplicemente” l’abbandono di ogni criterio di giudizio, ciò che ti permette, coraggio nel cuore, di seguire l’istinto e di fare un salto al posto di un passo.

Terry Giacomello era un bambino quando si invaghì della cucina. La piccola locanda di famiglia, a Montereale Valcellina, divenne presto luogo di gioco e insegnamento di vita. Era qui che scopriva che solamente il mais macinato fresco di mulino può trasformarsi in una polenta perfetta; che la vera pasta, quella che narra la tradizione di una terra e di un popolo, e che nutre in modo sano e unico, è quella fatta a mano, con amore; che il trattamento delle carni di selvaggina, dalla frollatura alla marinatura, fino ai diversi metodi di cottura dei vari tagli, è un “segreto” fondamentale per portare in tavola qualità, sapore e gradevolezza.

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Durante e dopo gli studi alberghieri, fu ancora qui, nel suo Friuli, che imparò a conoscere le erbe spontanee. E proprio loro, le erbe selvatiche, sono in qualche modo le responsabili del “folle salto”, quello che ha reso questo cuoco il rinomato e unico chef che tutti conosciamo, oggi anima del ristorante Inkiostro di Parma.

Sono andato a lavorare in Francia – racconta Terry – da Marc Veyrat. Lui aveva una cucina molto pastorale e minerale; i prodotti della fattoria erano esaltati da erbe e aromi del sottobosco. Qui ho approfondito e allargato la mia conoscenza di radici ed erbe. Ho iniziato a sviluppare una forte curiosità per il nuovo, e presto è nata in me la voglia di ricercare prodotti sconosciuti, che mi permettessero di andare oltre la cucina tradizionale”.

Le numerose e importanti collaborazioni successive, in Francia, Spagna, Brasile, Belgio e, non ultima, l’esperienza di far parte della famiglia di Ferran Adria, hanno fatto il resto.
Sudore, fatica, tecniche, tantissimo studio… e soprattutto sacrificio.

La creatività è anche sofferenza – continua -. Devi cercare, pensare, costruire…”.
Ma è meraviglioso quando, quasi con ingenuità e totale spontaneità d’animo, Terry Giacomello ti dice che non è capace di cucinare se non così. Sì, perché Terry è un uomo umile, di una semplicità che quasi ti spiazza. Affabile e premuroso, con lui ti senti subito a casa. Terry, come nasce una ricetta?
Lui sorride, nemmeno ci pensa un secondo. “Credo che sia un modo di vivere, quello di creare piatti! Prendi spunto da tutto, a volte anche dagli errori con cui hai trattato un ingrediente. Dai viaggi, da ogni cosa che osservi, da disegni, quadri, da una visita a un museo…”.
Una semplice pallina nera che un giorno incontrò il suo sguardo è diventata una sfera di aglio nero fermentato, e la carta commestibile che una mamma giapponese utilizzava per avvolgere una pastiglia prima di darla al suo bambino ha dato vita all’Inkiostro a “Cellophane”, un leggerissimo foglio trasparente che custodisce un cubetto di parmigiano, zenzero e menta. A dare l’impalpabile consistenza sono la fecola di patate e tapioca con cui è fatta la pellicola.

Eccola la curiosità, fondamentale, che poi scatena la creatività, innata. Ma non chiamatelo artista.
Sono semplicemente un cuoco che cerca di regalare due ore di emozioni alle persone. Questa è la mia missione, niente più!”.
Emozioni di cui la sorpresa è elemento sostanziale. A tavola con Terry Giacomello il viaggio è inatteso nell’inatteso. Perché te lo aspetteresti mai che il gelato sappia di Big Babol? No! Eppure la sua cucina non abbandona la memoria, immancabile affinché l’emozione sia completa e assoluta, sublime, appunto. E c’è di più, ancora di più. Perché è vero, i suoi piatti si chiamano “Rametto”, “Omaggio a Gravner” o “Omaggio al Mugaritz”, che arriva agli ospiti nelle sembianze di una mela ammuffita: cinque giorni di lavorazione, un bagno in acqua e calce viva, la fermentazione, la crosticina di muffa nobile che contrasta la dolcezza del frutto, avvolto in sentori di bergamotto e cardamomo.

Ma la perfezione della tecnica (quel perfezionismo parte del carattere di Terry), l’apertura mentale al nuovo e sconosciuto non dimenticano il rispetto della materia prima, anzi, lo esaltano. Perché in fondo Terry Giacomello è rimasto il ragazzino che ama la natura, e gli insegnamenti di mamma Wanda, quelli inculcati nella cucina della trattoria di Montereale, sono ancora lì.

La materia prima va utilizzata con riguardo – dice -. Non bisogna sprecare, buttare. Io utilizzo tutto, tutto quello che è commestibile, dalle bucce di patata al cuore della renna, dalle erbe e radici alla zampa di gallina e la cresta del gallo. Che sia acciuga o caviale, tutti i prodotti hanno lo stesso valore. Sbaglia chi pensa che un prodotto costoso valga di più; il valore non è dato dal prezzo!”.

Terry non contraddirà mai se stesso, perché la sua non è ostentazione, ma semplicemente un modo di vivere. Il suo è un bisogno di cercare, creare, provare, pensare, sperimentare.
La via del cuore!

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