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“Ottantagrammi” il peso della felicità

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L’incontro con il “cuoco di strada” Giuseppe Panebianco.

Ho compreso esattamente l’espressione “buono come il pane” conoscendo lui, Giuseppe Panebianco, una persona che già nel nome custodisce la bellezza di un animo che profuma di ricordi, di cose genuine preparate con amore, di casa.

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L’incontro con lui avviene dopo dieci giorni di attesa da una telefonata, giusto il tempo di coccolare e accudire un po’ di lievito madre e lasciare che mani esperte, guidate dal cuore, potessero plasmare un panettone artigianale. Un gesto tipicamente pugliese, quello di andare “in casa d’altri” con qualcosa di preparato da sé, soprattutto il più bel dono che si possa fare ad una nuova amica nel periodo natalizio.
Lui si definisce “cuoco di strada”, perché le strade del mondo sono state la sua vera scuola. Austria, Germania, Stati Uniti, Cina, sono solo alcuni dei posti che, nel corso della sua carriera da chef, lo hanno visto alla guida di brigate in giro per vari Paesi, apprendendo, sempre con umile atteggiamento di ascolto, la preziosità della diversità in tutte le cose.
Quando, però, l’amore per la tua terra ti scorre nel sangue in maniera vorticosa e ti riporta alla mente chi sei e da dove vieni, il sangue chiama e tu non puoi non rispondere. Ecco allora che Giuseppe torna in Italia, e per 6 anni è nel Varesotto a gestire la cucina di un importante albergo. È qui che apprende e affina la cottura o meglio la cultura del riso, del vialone nano e del carnaroli, di cui impara ogni segreto, che poi porta nella sua amata Puglia dove lo prepara, ad esempio, con gambero rosso, datterino giallo e cime di rapa.
“La mia è una cucina semplice – spiega – non uso mai per i miei piatti più di 3 o 4 ingredienti. Soprattutto nella mia cucina c’è tanta Puglia”.

Ed è stata proprio questa regione, con la sua varietà di prodotti, a fare da protagonista durante l’esperienza avuta a Borgo Egnazia, nel ristorante Cala Masciola. “Un’esperienza straordinaria – racconta – nata dall’amicizia e dalla stima con Domingo Schingaro, con il quale ho condiviso non solo gli anni scolastici, ma un approccio nei confronti della brigata da guida trainante, che mi ha permesso di avere accanto e di formare tanti ragazzi straordinari, oltre a una visione di cucina semplice e autentica”.
Oggi Giuseppe Panebianco è consulente per molti ristoranti. Soprattutto ha messo su, insieme a Domenico Belluzzi, un produttore di pasta, un progetto che si chiama “Ottantagrammi”, un posto straordinario, tutto incentrato sulla filosofia dei grani antichi. È qui che si producono formati di pasta tradizionali e altri più innovativi, orecchiette, strozzapreti, cavatelli e pasta ripiena come agnolotti, piramidi e tortelli, preparati con ingredienti biologici certificati, rigorosamente di stagione. “L’avventura che abbiamo intrapreso io e Domenico può sembrare ardita e a tratti folle. Certamente è molto coraggiosa. L’idea di aprire questo particolare shop a Palo del Colle, in un piccolo centro in provincia di Bari, all’inizio sembrava anche a noi assurda. Il nostro obiettivo era diffondere la cultura della pasta, e soprattutto la cultura del mangiar bene e sano”.

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Comincia così il racconto di Giuseppe mentre apre le porte di Ottantagrammi, un luogo che porta con sé il profumo di una spianatoia di legno adagiata sul tavolo, quando tua nonna ti raccontava, mentre le mani si immergevano in un’informe poltiglia di farina e acqua, la magia che di lì a poco avrebbe preso i contorni.
“La pasta è il più bel simbolo di convivialità. Rappresenta, soprattutto per molte famiglie ancora qui a Sud, il pranzo domenicale, quello in grado di riunire la famiglia, magari dopo una settimana di duro lavoro e di pasti “mordi e fuggi”.
Per molti è il ricordo di una dimensione sociale di racconti e legami che si sta perdendo. Con Ottantagrammi abbiamo voluto aprire le porte di un luogo in cui è forte questa filosofia. Ma non solo: protagonisti sono i grani antichi, come il nostro Senatore Cappelli, il Monococco, il Timilia, prodotti della natura straordinari, con un bassissimo contenuto di glutine e una elevata digeribilità”.
Nel laboratorio legato al negozio, ogni giorno si studiano i grani nel dettaglio, con macchinari all’avanguardia che mettono al servizio di questo oro che arriva dal passato l’intelligenza, la ricerca, il progresso. Dal chicco alla farina, i passaggi sono precisi e per nulla scontati e prevedono una serie di variabili che poi incidono sull’elasticità della pasta, sulla tessitura, sulla porosità, sulla cottura.
“Nella nostra attività cerchiamo sempre di coinvolgere le piccole aziende locali, che ci forniscono i prodotti per i ripieni, rigorosamente di stagione e coltivati biologicamente”.

Ecco perchè entrare in questo luogo significa lasciarsi travolgere da profumi e colori sempre nuovi, assecondare i tempi delle stagioni che si danno il cambio, ritrovare il piacere di una lentezza che solo la terra e la natura possono insegnare. Oltre alla pasta – ci mostra Giuseppe Panebianco – qui è possibile trovare i fermentati, un’altra grande passione dello chef che, dai suoi ricordi di infanzia, dalle estati trascorse con la famiglia in campagna a preparare la salsa fresca, ha tirato fuori l’idea di portare nelle case dei clienti ormai affezionati di questo angolo di Puglia, piccoli scrigni di sapori.
Non ultima, poi, l’attenzione a non sprecare nulla, perchè dalla farina avanzata dalla preparazione della pasta, vengono prodotti squisiti taralli e biscotti da inzuppo, vere leccornie per grandi e bambini.
Perchè se 21 grammi è il peso dell’anima, Ottantagrammi è il peso della felicità.

Ph. Credits: Dario Fazio

 

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