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Il cibo come strumento sociale. I progetti italiani, dove cucinare è sinonimo di cura

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A cura di Chiara Mariani

Il cibo non assolve solo a una funzione fisiologica ma è connesso ad aspetti emotivi e sociali. Attribuiamo molteplici significati al cucinare, quali nutrimento, salute, tradizione, territorio, cultura, conforto. Ma se ne aggiunge uno importante alla lista: cura. La terra andrebbe coltivata con cura, gli ingredienti vanno maneggiati con cura, fare scelte consapevoli per la propria alimentazione è un atto di cura per sé stessi, preparare e condividere un pasto mostra cura verso i commensali.

Allo stesso tempo cura significa anche “complesso dei mezzi terapeutici“ e cucinare assume anche questo valore. Come scrive Roberta Schira nel suo libro ‘Cucinoterapia’,Una delle malattie più diffuse della società contemporanea è la depressione, e abbiamo visto come il ‘fare’ sia il metodo più semplice ed efficace per scongiurarla. (…) ecco che cucinare, proprio perché implica il ‘fare’, è estremamente terapeutico.”

Perciò cucinare è anche uno strumento potente per curare la società, attraverso progetti di integrazione, di riabilitazione e di formazione.

©IlTortellanteAPS gruppo

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Cucinare è: autonomia e dignità

Migliorare la propria autonomia e acquisire confidenza nelle proprie abilità è fondamentale per chi è disabile. Cucinare permette di sviluppare e allenare capacità motorie e manuali, acquisendo inoltre competenze professionali. Il progetto Il Tortellante, nato dall’associazione Aut Aut Modena e supportato da Massimo Bottura, attraverso un laboratorio terapeutico insegna ai giovani e agli adulti nello spettro autistico a fare i tortellini e a potenziare l’immagine di sé. Da Biscottificio Frolla, nelle Marche, i ragazzi con disabilità producono e vendono biscotti artigianali. Attraverso l’inclusione nell’intero processo gli viene data la possibilità di esprimere le loro abilità e accrescere l’autonomia lavorativa. Pizza Aut è una pizzeria fuori Milano gestita da ragazzi autistici affiancati da professionisti della ristorazione e della riabilitazione. La formazione iniziale permette di trovare la mansione giusta per far sentire ognuno auto efficace garantendo lavoro e dignità.

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Cucinare è: nuove prospettive e possibilità

Attraverso l’attività in cucina in carcere si passa il tempo e si scandiscono le giornate, ma può essere anche uno strumento di riscatto sociale. Sul sito del primo ristorante in Italia realizzato in carcere, inGalera nato nella Casa di Reclusione di Bollate, si legge “Nel tempo abbiamo imparato che la recidiva diminuisce straordinariamente quando il Carcere favorisce occasioni di formazioni professionali ed occupazioni di lavoro vero”. Il progetto Buoni Dentro sviluppa percorsi di formazione e valorizzazione del lavoro per i ragazzi dell’Istituto Penale Minorenni Beccaria attraverso un laboratorio di panificazione. Alcuni giovani detenuti sono impiegati non solo per la panificazione ma nel punto vendita in Piazza Bettini a Milano, nato nel 2015. Per combattere la recidività e avviare inclusione professionale nasce a Roma il birrificio artigianale Vale la Pena, per inserire nella filiera della birra i detenuti della Casa Circondariale Rebibbia.

Cucinare è: fiducia e emancipazione

Altri progetti attraverso il cucinare ridanno fiducia ed emancipazione economica alle donne che hanno subito violenza di genere. I due punti vendita di Io sono Viva: dolci e gelati, progetto della chef stellata Viviana Varese in collaborazione con il Cadmi​​ (Casa di Accoglienza delle donne maltrattate di Milano), hanno un team tutto al femminile formato da donne che sono state vittime di violenza fisica, psicologica, sessuale, economica o di stalking. Attraverso la condivisione, la formazione e il lavoro possono reinserirsi nel circuito lavorativo e riacquisire fiducia. Lo stesso spirito con cui nasce Cuoche Combattenti, un progetto di imprenditoria sociale per allontanarsi da ambienti malsani e uomini maltrattanti riscattando la propria vita, imparando un lavoro e recuperando le ricette della tradizione siciliana.

©Frolla Soc.Coop

 

Cucinare è: integrazione e dialogo

Infine il cibo è uno strumento per raccontare il proprio luogo di origine ed avviare uno scambio, oltre a offrire una possibilità di integrazione economica e sociale per i rifugiati politici e i migranti. Il progetto di Slow Food “Youth & Food – Il cibo veicolo di inclusione”, selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, coinvolgerà 60 minori stranieri nelle città di Agrigento e Torino. Obiettivo promuovere aggregazione e occupazione attraverso un percorso di educazione formale e non formale nel settore agro-alimentare. Panino Giusto nel 2018 ha ottenuto da UHNCR il riconoscimento “Working for refugee integration” per il progetto che offre ai giovani migranti una formazione specifica e un tirocinio finalizzato all’assunzione nel settore della ristorazione.

E così cucinando si cresce, nel corpo e nello spirito.

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©CUOCHECOMBATTENTI

 

Ph ©CuocheCombattenti, ©ValentinaSantoro (PizzaAut), ©Frolla Soc.Coop

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