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Il biscotto della fortuna. Messaggi gustosi dalle origini misteriose

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Sono un classico del fine pasto in un ristorante cinese. Sono “il gioco” simpatico dopo un convivio, un rituale immancabile dopo le luculliane portate negli “all you can eat”.
Stiamo parlando dei “biscotti della fortuna“, diventati un’icona gastronomica, apprezzati non solo e non tanto per il loro sapore dolcemente delicato ma anche e soprattutto per il messaggio di saggezza o fortuna che è contenuto al loro interno.
Scartare l’involucro dorato o argentato porta con sé l’emozione di leggere l’oracolo che custodisce. Ma forse non tutti sanno che il biscotto della fortuna non è nato in Cina, come molti pensano, e che addirittura i cinesi neanche conoscono questa tradizione, la cui paternità va attribuita al Giappone, e che invece ai cinesi si deve la sua massiccia diffusione in America, dove ha trovato terreno fertile.
Pare, infatti, che abbia fatto il suo debutto in Occidente nel primo XX secolo, in particolare durante l’espansione delle cucine cinesi in America. I migranti cinesi, desiderosi di introdurre la loro cultura attraverso la cucina, hanno portato con sé questa tradizione nipponica, che ben presto ha catturato l’immaginazione degli occidentali, riscuotendo grande successo.
Tra messaggi tradizionali, detti unici o predizioni del futuro, il piccolo biglietto di carta che si trova all’interno dei biscotti della fortuna, regala un tocco di mistero e divertimento a
ogni dolcetto aperto, che diventa anche un momento di condivisione di un messaggio di speranza.
È stata una ricercatrice giapponese di nome Yasuko Nakamachi, ad occuparsi di andare a scovare le radici del curioso biscotto, scrivendo addirittura una tesi di laurea, in cui si legge che la sua paternità è da attribuirsi al Giappone.
Alla fine degli anni ’90, fuori Kyoto, vicino a uno dei più famosi santuari shintoisti in Giappone, vide i biscotti della fortuna in un panificio di famiglia chiamato Sohonke Hogyokudo. Erano i tsujiura senbei, più grandi e più scuri dei soliti dolcetti, perché preparati con una pastella che conteneva sesamo e miso invece di vaniglia e burro o olio.
I messaggi, poi, non erano inseriti all’interno, ma erano messi nella piega del biscotto. Una serie di ricerche successive l’hanno poi portata a trovare, in un libro di storie, “Moshiogusa
Kinsei Kidan”, la raffigurazione di tre personaggi, uno dei quali alle prese con la cottura dei senbei sulle griglie.
Viaggiando successivamente negli Stati Uniti, a San Francisco e Los Angeles e intervistando i discendenti delle famiglie di immigrati giapponesi e cinesi che hanno reso famosi i biscotti
della fortuna, Yasuko ha scoperto che i biscotti della fortuna sono arrivati in America negli anni della Prima Guerra Mondiale.
A renderli famosi Oltreoceano furono Makoto Hagiwara, custode nei giardini del tè in Giappone, che diffuse l’abitudine
di servire i biscotti al Tea Garden di San Francisco, e David Jung, cantante cinese che fondò a Los Angeles la Hong Kong Noodle Company, iniziando a produrre anche i biscotti della fortuna.
Furono le tante comunità cinesi presenti nelle grandi città statunitensi a creare piccole pasticcerie che producevano biscotti, arrivando fino a 3 milioni circa di biscotti ogni anno.
Che sia la loro origine cinese, giapponese o americana, un dato di fatto è che i biscotti della fortuna continuano ad affascinare e a conquistare chiunque, al di là del loro sapore, affatto elaborato o arricchito di golosissimi aromi o altri ghiotti ingredienti.
Sarà, forse, per la loro forma curiosa o la croccantezza invitante, che ben si presta alla “rottura” tra le mani di questo piccolo dolcetto… o forse più perché l’atto stesso di frantumarlo nel desiderio di ricevere un misterioso messaggio che il destino ha voluto ci capitasse tra le mani, rende l’attesa piena di timore mista a speranza per un futuro tutto da interpretare ed accogliere. Forse perché l’essere umano è da sempre affascinato dagli oracoli, forse perché abbiamo semplicemente sempre fame di storie.

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