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Fabio de Pinto: “dalla mia cucina alla tua”. La filosofia dello chef

Mangiare fuori, in un ristorante gourmet, è sempre un’esperienza indimenticabile. La location, il servizio, le pietanze, l’atmosfera, tutto contribuisce a far vivere ai clienti momenti unici.
Ora provate per un attimo a immaginare di trasportare tutto questo a casa vostra, aggiungendo agli elementi sopra elencati anche il calore di casa, la comodità di un nido che vi appartiene, l’atmosfera intima e raccolta di un luogo tutto vostro, dove poter cenare in compagnia delle persone che amate in totale tranquillità, silenzio, magari per un’occasione particolare.
Dalla mia cucina alla tua è proprio la filosofia professionale e di vita di Fabio De Pinto, chef di origini pugliesi, ormai da anni a Milano, dove allieta i palati degli amanti della buona
tavola, cucinando direttamente a casa loro.
Lo abbiamo incontrato per farci raccontare il suo concetto di chef a domicilio. “È un concetto molto semplice, che unisce il concreto al bello e al buono: quindi piatti di sostanza e stagionali che si mangino prima con gli occhi e poi con il palato. Tutto questo nel calore della casa di ogni cliente che mi sceglie e che per l’occasione si trasforma in un vero e proprio ristorante”.

Com’è nata la passione per la cucina? Quando hai veramente capito che questa sarebbe stata la tua strada?
È nata sin da bambino, sono cresciuto in casa con grandi cuoche che mi hanno tirato su a pietanze spettacolari e piene di gusto, le stesse che provavo poi a replicare senza chiedere il loro aiuto, basandomi solo sul mio palato… Ovviamente sbagliando tanto, soprattutto all’inizio, ma mi è servito per migliorarmi. Anche l’avvento stabile della cucina nei programmi televisivi
con la figura del cuoco alla ribalta, non più visto soltanto come un lavoro logorante, bensì come una figura di spicco, mi ha invogliato tanto. Ho capito che questa sarebbe stata la mia strada a un’età abbastanza adulta, a 26 anni, quando ero totalmente formato e stabile in un altro settore lavorativo, che però non mi appagava al 100%. Così ho voluto mettermi in gioco mollando la mia vecchia vita, licenziandomi da un posto sicuro, trasferendomi a Milano per formarmi e fare esperienza, per poi stabilirmi e avviare la mia attività al momento molto proficua e che non mi sono mai pentito di aver intrapreso.

Chef a domicilio: com’è nata questa idea?
Per me la cucina è stata sempre libertà di espressione e la via per creare qualcosa di mio, non dovendo più sottostare a nessuno, mi sembrava un giusto compromesso per intraprendere questa strada, facendo qualcosa che mi piacesse davvero, senza rinchiudermi nelle cucine classiche, spesso logoranti, di ristoranti e alberghi. Inoltre nel 2017 quando ho avuto questa idea, vivevo a Bari, la mia città natale, dove era un concetto assai sconosciuto, così come quasi in tutta Italia; perciò ho avuto questa piccola intuizione di provare a inculcare una innovazione che ha destato subito molta curiosità.

intervista a fabio de pinto food lifestyle

Qual è la differenza tra il preparare in una cucina professionale e in una cucina casalinga?
La prima differenza sta proprio nell’organizzazione della location di lavoro: la difficoltà principale è sicuramente adattarsi ad ogni tipologia di cucina di ogni singola casa: spazi, diversi piani di cottura, presenza di utensili e pentolame. In una cucina professionale si conosce tutto a memoria: le dinamiche, i vari compiti affidati ai componenti della brigata, le attrezzature ecc… Nel mio caso sono solo a dover badare a tutti gli aspetti di un menù, dal lievitato al dessert e di tutto il contorno, ovvero l’organizzazione completa dell’evento. Un’altra delle difficoltà maggiori è conseguente alla prima, ovvero dover trasportare ad ogni evento tutto la linea, non avendo possibilità di dimenticare nulla e fare in modo che tutto arrivi sempre integro. Tutto questo comporta un grande stress psico-fisico che se trascurato, porterebbe alla realizzazione di un servizio imperfetto, che per un perfezionista come me, sarebbe una tragedia.
Ovviamente con tempo e l’esperienza, ho migliorato questi aspetti, attrezzandomi dei giusti mezzi e prendendo i dovuti accorgimenti.

Il piatto che adori preparare, quello che ami mangiare.
Essendo un “cuoco mediterraneo” i clienti mi chiamano principalmente per assaggiare i miei menù di mare. Ammetto che trattare ogni tipo di prodotto ittico mi suscita sempre molta curiosità e mi spinge a studiare e informarmi costantemente, anche se il mondo delle carni è altresì un universo vasto e bellissimo che sto esplorando, insieme anche a quello vegetariano. Adoro cucinare la pasta, e i secondi, ma il risotto lo giudico come la tela per un pittore, su cui potermi sbizzarrire come più l’estro mi suggerisce. Il piatto che adoro mangiare è di sicuro la parmigiana di melanzane, meglio se quella cucinata da mia mamma: è tra l’altro il piatto che mi ha fatto innamorare della cucina ed il primo che ho provato a replicare.

Quali sono stati i tuoi maestri e cosa ognuno di loro ti ha insegnato?
Non ho grandi o principali maestri, sono stato sempre una “spugna” di informazioni. Ascolto il parere di tutti per poi fare le mie considerazioni, leggo molti libri, vedo tanti programmi.
Sicuramente però uno snodo cruciale l’ho avuto durante il periodo di formazione in accademia, ho incontrato molte figure del settore per lo più chef che mi hanno dato tanto sia a livello umano che professionale. C’è stato sempre un filo continuo tra tutte le persone incontrate, e un grande insegnamento, e cioè, che il duro lavoro, fatto bene, con un’ideologia ben salda, porta sempre
a grandi risultati.

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Da Bari a Milano. Cosa ti manca della tua regione?
Sicuramente mi manca il clima, il mare, un po’ di sana spensieratezza che si respira dalle mie parti. Mi manca la famiglia, a volte sarebbe bello poter contare su qualcuno di caro al tuo fianco giornalmente, ma col tempo ci si abitua a doversela cavare in tutto e per tutto da soli. Mi mancano alcuni prodotti che solo in Puglia si possono trovare, ma faccio in modo che non mi manchi nulla.

Cosa serve per diventare uno chef professionista secondo te?
Tanta passione, perseveranza, idee chiare e voglia continua di apprendere e aggiornarsi. Se si rimane indietro, anche i piatti che cucini restano tali. Sono necessari anche tanti sacrifici, rinunce, si lavora quando gli altri festeggiano, questo dice tutto.

Cosa ti piace fare nel tempo libero?
Principalmente cerco di riposarmi per ricaricare le pile, il mio lavoro mi ruba tante energie. Faccio un po’ di sport, passo del tempo con il mio cane, quando posso cerco di provare i ristoranti che più mi attraggono, sempre in ottica del mio lavoro e di aggiornamento.

Progetti in cantiere?
A stretto giro no, peró di sicuro tra 10 anni non mi vedo ancora a girovagare come un “nomade” tra le cucine di tutta Italia. Mi auguro più in là di avere un posto tutto mio dove poter accogliere tutti i clienti e amici acquisiti nel corso degli anni. Il sogno nel cassetto è avere una piccola masseria, ovviamente in Puglia, con poche stanze, dove poter offrire la colazione e
la cena agli ospiti e fare dei corsi di cucina. Spero si possa avverare un giorno…

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