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Diego Galdino: caffè e scrittura

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Il primo caffè del mattino e l’ultimo caffè della sera del barista-scrittore romano.

Se a Trieste il caffè espresso è il Nero, o “Nero in B”, per chi lo vuole servito in bicchiere e non nella classica tazzina, nei bar di Venezia vi sarà certo capitato di sentire chiedere un “concerto”. A Genova il caffè macchiato è un “cappuccino alla genovese”, il caffè salentino più amato e noto è al ghiaccio, mentre a Cuneo un buon caffè è solo al “Bicerin”, ovvero con cioccolato, crema di latte e liquore al gianduiotto.
E poi c’è il caffè del Lino Bar, quello di Roma, quello gestito dal barista-scrittore Diego Galdino. Sì, lo sappiamo bene, quello del caffè è un vero e proprio universo. Una storia lunga secoli, dai fischi dei bollitori che scaldavano l’acqua da versare sulla polvere di caffè, macinato con fatica, alla tanto amata moka, finendo alle confortevoli e modernissime macchine che molti di noi, oggi, hanno in cucina. Quello del caffè al bar è un altro mondo ancora.
Un mondo magico, ancora più incantato, da quando Diego Galdino ha trasformato il suo bar di quartiere in uno dei protagonisti dei suoi romanzi, assieme alla sua amata Roma.
Non solo; da quando in verità quel bar è diventato per gli amanti dei suoi romanzi d’amore il luogo in cui poter entrare dentro quelle storie raccontate dal barista, incontrarlo, farsi fare un autografo e… farsi preparare un buon caffè.
Definito il Nicolas Sparks italiano, Diego Galdino ha incontrato il successo nel 2013 con “Il primo caffè del mattino”; sono seguiti altri tre romanzi editi sempre dalla Sperling & Kupfer, fino a “L’ultimo caffè della sera” del 2018.
E ora, una nuova avventura con “Bosco Bianco”, una storica tenuta della costiera amalfitana capace di cambiare la vita alle persone, di amore parlando.
Pubblicato anche in Germania, Austria, Svizzera, Polonia, Bulgaria, Serbia, Spagna e Sudamerica, di certo molti si sono chiesti perché Diego Galdino, dopo il successo editoriale, non ha abbandonato il mestiere di barista, perché ogni giorno si sveglia alle cinque e trascorre le giornate a fare caffè.
Il punto è proprio lui, il caffè, ed è di quel caffè che mi sono fatta raccontare.

Diego, nasci barista e diventi scrittore. A quale dei due mestieri non potresti mai rinunciare?
Mia madre mi dava il latte su quello stesso bancone dove io oggi faccio i caffè, ho imparato a camminare in un bar, dormivo in una culla messa dietro alla cassa. Io nasco barista nel vero senso della parola. Il bar è un posto dove ho vissuto tutta la vita ed è il luogo che ha dato il “la” a tutto ciò che scrivo, perché “Il primo caffè del mattino” è il romanzo che mi ha dato successo a livello nazionale ed internazionale.
Quindi non riesco a scindere le due cose, non rinuncerei a nessuna. È bellissimo regalare un posto a tutte le persone che mi leggono, un luogo dove trovarmi sempre. Resterò barista-scrittore!

Negli ultimi anni, al centro della scena, c’è il mondo delle cucine, dei ristoranti. Ma il bar, che ruolo ha nella vita delle persone?
Il bar è un microcosmo dove tanti piccoli pianeti girano attorno al bancone, che fa da “sole”. Le persone si scaldano attorno al bancone, con il caffè, con il calore umano delle
persone che ci lavorano dietro e che diventano quasi degli amici, dei confidenti, dei familiari. Questo però accade solo nei bar di quartiere, come è il mio.
Nel bar di quartiere tutti si conoscono e il barista, quando entra Antonio l’idraulico, sa che prenderà il caffè macchiato, perché glielo fa tutti i giorni. Nei bar di passaggio non si
crea questa magia. Basta pensare ai bar delle stazioni, dove entrano ed escono persone che poi il barista non rivedrà mai più. Il bar di quartiere invece diventa quasi una seconda casa: le persone ci vanno per regalarsi una coccola, per incontrare degli amici e scambiare due chiacchiere.

Ne “Il primo caffè del mattino” hai giocato coi caffè, come fossero segni zodiacali e raccontando le caratteristiche delle persone che bevono un certo tipo di caffè…
Sì! Per esempio il caffè macchiato lo associo agli indecisi, quelli che non sanno se vogliono un caffè o un cappuccino e alla fine optano per un macchiato.
Il caffè ristretto amaro è il caffè di quelle persone che non devono chiedere mai, quelle dal carattere forte e deciso, sempre convinte di se stesse e di quello che fanno.
Poi ci sono gli amanti del caffè alla Nutella, che hanno bisogno di ritornare un po’ bambini, quando si arrampicavano sulla credenza, aprivano il barattolo della Nutella e ci infilavano svelti due dita per mangiarla in fretta e non farsi scoprire.
Ma è solo un gioco. Il barista è sì un po’ psicologo, ma è davvero difficile capire la personalità di qualcuno in base al caffè che preferisce! Ognuno ha i suoi gusti, per me per
esempio il vero caffè resta l’espresso, lungo o macchiato che sia, ma obbligatoriamente servito in tazzina bollente.

A proposito di vero caffè: moka, cialde, capsule… Dove è la vera poesia?
Nella moka di tua madre che quando ti svegliavi la domenica mattina emanava quel profumo incredibile per tutta la casa. Penso che alla fine sia quello a cui tutti torniamo con la memoria quando pensiamo al caffè. L’espresso e il cappuccino del bar poi, quelli sono un’altra cosa.

Sono partita con un piccolo viaggio nell’universo dei caffè italiani. Chiudo il viaggio con Diego Galdino, nel suo bar, dove si respira tutta la romanità possibile. “Il caffè espresso mette tutti d’accordo – ride -, nero, genovese o che dir si voglia. Poi forse il più tradizionale caffè italiano è quello napoletano, perché, contro lo scalda tazzine elettrico, a
Napoli molti bar tengono ancora le tazzine in ammollo nell’acqua bollente, così poi il caffè si incolla, rimane corposo e mantiene molto di più l’aroma”.

Starebbe ore a parlarti di caffè, Diego Galdino, con la stessa passione e romanticismo che riconosciamo nei suoi romanzi e che gli fa amare ancora la carta stampata e il contatto vero con le persone.
Lo lascio lì, dietro il suo bancone; una lettrice entra e gli allunga un romanzo da autografare, poi scattano una foto e Diego, mentre prepara tre caffè, gli presenta Antonio
l’idraulico…

Ph Credits: Tomasso Lorusso

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