Chef Rubio e il suo libro “Mi sono mangiato il mondo”

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È ora di partire per un nuovo viaggio. Destinazione? Il mondo.

Il mondo visto attraverso l’obiettivo di una macchina fotografica. Ma non è tutto qui, questo viaggio non è così banale. Perché dietro l’obiettivo ci sono occhi che scelgono cosa inquadrare; e in questo caso gli occhi sono quelli di Gabriele Rubini, noto ai più come Chef Rubio, che, si sa, ha uno sguardo e una visione mai banali e ordinari, e mai superficiali. Lui il mondo letteralmente se lo mangia (forchette a parte stavolta) con l’anima, l’anima di chi vuole incorporare sensazioni, insegnamenti, culture, tutto il bene e il male della vita. Con queste sensazioni tocca il cuore e le menti di chi lo guarda, ascolta o… legge.

“Mi sono mangiato il mondo” è il titolo di questo libro. “Un viaggio personale in immagini e note scritte, una narrazione senza filtri, come è nella mia vita”. Sì, perché in questo volume lui ci guida alla scoperta di storie, luoghi, culture; ci fa “assaggiare” i cibi di strada. Lo fa con quelle foto scattate e poi sviluppate in una camera oscura, dalla cui porta poi escono immagini che il colore non ce l’hanno solo fuori, perché sono i colori dell’emozione, del sapore, del cuore e delle terre che lui ha visitato.

Ph. Credits: Rubio

Chef Rubio, ha scelto di emozionare anche attraverso le immagini. Cosa l’ha avvicinata al mondo della fotografia? E perchè la pellicola?
“È uno dei tanti modi per raccontarsi agli altri in relazione al mondo esterno che si vuole raccontare. Sono cresciuto con fotografie in casa: da quelle dei miei genitori, ai libri di National Geografic. La fotografia è sempre stata fonte di emozioni. La pellicola è eterna, il digitale no. È la storia e l’essenza di un’arte in cui le imperfezioni restituiscono l’unicità del momento e la estendono all’infinito. Il digitale permette di assimilare in maniera bulimica immagini senza però riuscire a renderle speciali e soprattutto uniche”.

Cosa è che uno scatto fa vedere e che l’occhio nudo non percepisce?
“Una sezione di mondo che in quel momento ha rapito il tuo occhio. Occhi, pancia, cuore e cervello sono legati in un’unica morsa che porta il nome della fotografia”.

Foto a colori… Il mondo però non è sempre a colori… o sì?
“Le fotografie per me sono in bianco e nero, ma ci sono dei momenti in cui riportare il colore è doveroso, è indispensabile”.

Ph. Credits: Rubio

Cosa è il viaggio per lei? Quando così spesso ci si trova sotto “un sole diverso” cosa si porta a casa?
“È l’unico modo che si ha per conoscere veramente chi siamo e chi stiamo diventando. Si porta a casa ogni volta un pezzo del puzzle che siamo e che completeremo solo a nostra insaputa”.

Jean Brunhes diceva che “Mangiare è incorporare un territorio”. È d’accordo? Cosa ci racconta il cibo di ogni luogo?
“È la verità. Mangiare vuol dire imparare sempre qualcosa di nuovo, ma solo se si è curiosi e affamati di cultura si riesce ad interleggere la lista di informazioni che un boccone riesce a darci”.

Dalla cucina al grande impegno per il sociale. Cosa è oggi la cucina per lei?
“Relax, umanità e intimità. Cucinare ora per me è solo questo. Tutto ciò che è spettacolarizzazione del cibo mi disgusta, lo voglio tenere più lontano possibile. Lascio mercificare ad altri ciò che per me è sempre stato, e sempre sarà, solo un atto d’amore”.

Cosa significa (citando Oscar Wilde) “prendere seriamente il cibo”?
“Toccarlo, sublimarlo, amarlo, ingurgitarlo e quindi onorarlo”.

Ph. Credits: Rubio

Ph. copertina: Tamara Casula

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