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‘Io non ci sto’: lo chef Natale Giunta si racconta nel suo ultimo libro edito da Rai Libri

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«Io dovevo fare il mio dovere. Non volevo avere paura, ma avevo paura. Per la prima volta nella mia vita. “Vedrai che tra poco cambierai idea” mi avevano detto quella maledetta mattina. Mai, neanche per un solo istante, ho pensato di farlo». Scrive così lo chef di origine siciliane Natale Giunta, ripercorrendo un pezzo della sua vita, quella che lui, uomo di tempra e coraggio, oggi ha deciso di raccontare tra le righe del suo libro “Io non ci sto”, scritto insieme alla giornalista e scrittrice Angelica Amodei ed edito da Rai Libri. Quaranta anni compiuti alcuni mesi fa e, alle spalle, una vita intera dedicata a costruire la sua carriera (aprì il primo ristorante di alta cucina a soli 21 anni) e le sue aziende attive nel settore della ristorazione e dell’organizzazione di grandi eventi, Natale Giunta ha voluto andare indietro nel tempo e soffermarsi agli episodi che hanno sconvolto la sua vita, perché ritrovarsi a tu per tu con la mafia inevitabilmente ti segna. Era il 2012 quando denunciò alcuni mafiosi palermitani che erano venuti a chiedergli il pizzo. Lui si era rifiutato di pagare «perché il permesso di aprire un ristorante va chiesto allo Stato e non alla mafia». E così Giunta andrò dritto a denunciarli. Alla sua denuncia seguirono però diverse intimidazioni e anche quando i suoi estorsori furono arrestati, le minacce non si spensero, tanto che lo chef finì messo sotto scorta. La sua storia è quella di un uomo che ha reagito, che non si è arreso al ricatto della malavita e ha continuato a fare il suo lavoro nella sua terra, una terra difficile la Sicilia che solo grazie a persone come lui, che non chinano il capo di fronte alle ingiustizie, può nutrire la speranza di sconfiggere la mafia.

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In queste pagine scritte in un anno difficilissimo per la ristorazione, la tua vita di chef e uomo si intrecciano. Sono pagine che scuotono il lettore, ma possiamo dire anche che sono pagine di ricerca introspettiva di te stesso ed era arrivato il momento giusto per farlo?
Quando ti fai davvero male, per anni ci pensi e da quella ferita, ormai quasi sanata, cerchi di trarne qualcosa di buono. Oggi ne parlo e noto che qualcosa è cambiato, è diverso da quando ne parlavo con la ferita ancora fresca: inizialmente la gente mi ascoltava ma subito dopo si allontanava da me per paura. Io sentivo la necessità di raccontare ma ciò si tramutò in un boomerang perché la gente mi evitava. Dopo un anno e mezzo capii che era un disastro perché anche il mio lavoro ne aveva risentito: nessuno mi chiamava per i catering. Pensai allora di non parlarne più. Ma dentro di me cercai di non mollare. Ora ho capito che era arrivato il momento giusto di raccontare la mia vita e di racchiuderla in un libro: era il momento giusto.

Raccontandoti e quindi riflettendo sulla tua vita, cosa hai scoperto di te?
Ho scoperto un uomo più coraggioso di quel che pensassi, che non si abbatte al primo problema. Sono convinto che bisogna trovare sempre delle soluzioni e non scoraggiarsi. Sento spesso in giro tanti miei colleghi, e non solo, che si lamentano di continuo per vari problemi, la gente si strugge per qualsiasi cosa. Ma occorre reagire, sempre!

Originario di Termini Imerese in provincia di Palermo, lo chef Natale Giunta deve tutto alle donne di famiglia, nonna, mamma e zie, che era solito frequentare dopo la scuola e che gli hanno insegnato ad amare e praticare l’arte della cucina. Ma non solo. Gli hanno insegnato qualcosa di più grande: il senso del dovere.
Ho ricevuto un’educazione rigorosa dalla mia famiglia. Mia madre se diceva che un tizio non dovevo frequentarlo poi usciva a vedere se era così. Parto da una famiglia che è sempre stata presente nella mia vita. Ho una sorella di 23 anni da poco entrata nell’arma dei Carabinieri. Abbiamo un forte senso del dovere e a questo ha contribuito tanto l’educazione ricevuta dalla mia famiglia. Poi, è anche vero che io mi sono costruito da solo e quando vedi che qualcuno vuole toglierti tutto ciò che sei riuscito a creare con le sole tue forze, non puoi stare a guardare: io ho cercato di tenermi stretto ciò che stavo perdendo. Sono andato così contro a quella cultura che ancora anima certi luoghi della mia terra, perché è quella che va cambiata: è quella che dà per scontato che occorre pagare per poter continuare a lavorare, che considera ciò tutto normale”.

In quest’ultimo difficile anno di pandemia, Natale Giunta, oggi chef di fama internazionale, non ha gettato la spugna, anzi si è letteralmente rimboccato le maniche e, mettendosi a confezionare lui stesso i piatti che uscivano dalla sua cucina, ha organizzato un capillare sistema di consegna a domicilio per portare i suoi piatti in tutto il mondo. Si è reinventato e ha trovato una strada alternativa per non andare a fondo. Ma a suo dire ciò che è successo al settore della ristorazione deve far riflettere.
“Purtroppo, la pazienza sta finendo. Uno può non abbattersi ma quando finisce il denaro e la gente non può fare più la spesa è una guerra persa. Ciò che è successo in quest’anno di Covid deve farci riflettere su una cosa. Prima del Covid ognuno, nel campo della ristorazione, si guardava il proprio locale, il proprio orticello, ma mai si è pensato di fare gruppo ed è quello che è emerso. Un gruppo coeso di ristoratori sarebbe servito a fare qualcosa di concreto. Nessuno chef o, meglio, ristoratore ha mai avuto un punto di riferimento vero e nessuno si è mai seduto seriamente al tavolo di quei signori al Governo per far valere i propri diritti. Oggi ci è mancato proprio questo gruppo coeso che si sedesse al tavolo per fare gli interessi di tutta la categoria di ristoratori presenti in Italia. Speriamo di averlo capito”.

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