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Brutal wine corporation: i vini “imperfetti”

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Talmente naturale da essere definito “brutale”. Un aggettivo che rende protagonista il vino. Un’etichetta che accomuna diversi produttori, per dare un’identità alle bottiglie riempite grazie all’idea di impatto zero, sia in vigna che in cantina. Tutto questo per spiegare cos’è la Brutal wine corporation, nata nel 2010 dalle menti di quattro uomini, tutti produttori di vino di origine francese e spagnola.

Secondo quanto appreso, furono proprio i due spagnoli a dare vita all’idea, quasi inconsapevolmente. Durante un viaggio in Francia, Laureano Serres Montagut e Joan Ramón Escoda si ritrovarono a degustare vino dal produttore Rémi Poujol, che coltiva da sei ettari di terra, totalmente a impatto zero. Il percorso li portò ad assaggiare vini molto giovani che, nonostante necessitassero ancora di tempo per dare “il meglio”, furono apprezzati per la qualità, tanto da invogliare i due amici spagnoli a esclamare, in più occasioni, “es brutal!”.

Forse uno dei migliori complimenti per il produttore francese, dato che i suoi vini furono definiti incredibili, straordinari, al contrario di quanto si possa pensare interpretando negativamente quella parola che, tradotta erroneamente in italiano sembrerebbe “brutale”, nel senso più dispregiativo del termine.

La tappa successiva fu quindi a La Sorga, dal produttore Anthony Tortul, già famoso in Francia per le sue etichette stravaganti. E anche in questo caso, così come narra “la storia”, a ogni assaggio seguirono diverse esclamazioni di apprezzamento: “brutal”.

Ma qual era la caratteristica principale di questi vini definiti superlativi? L’essere semplicemente imperfetti, già apprezzati per la loro capacità di poter migliorare in botte ma altrettanto buoni per essere così giovani. Tanto da poter essere tranquillamente bevuti a tavola.

Fu per questo motivo che i quattro decisero di dare vita alla Brutal wine corporation, un’etichetta “di nicchia”, ma alla quale oggi può aderire chiunque. Con sole poche regole da seguire. Ogni produttore produce per sé vini a impatto zero, sia in vigna che in cantina, ma limitando la produzione a 200 bottiglie, non una di più. Insomma, un concetto che va ben oltre l’impossibilità di utilizzare eventuali solfiti. Perché il messaggio che vuole passare è quello di poter dare alla gente la possibilità di degustare un vino con tutte le sue imperfezioni, che possa regalare emozioni alternative.

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