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Arnolfo The Frame. Con Gaetano Trovato la cucina diventa un palcoscenico

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Dopo molti traguardi raggiunti, avere un sogno nel cassetto ancora da realizzare è la spinta necessaria per continuare a innovarsi. É cosi che la pensa Gaetano Trovato, chef stellato, che dopo tanti anni è riuscito a concretizzare quel sogno.
Realizzare un’impresa faraonica in un piccolo borgo senese denota un certo coraggio e una forte determinazione, la stessa che molti anni fa lo portò fuori dalla Sicilia, la sua terra natia, per approdare in Toscana.
Il suo amore per l’architettura e l’aver lavorato nelle cucine di mezzo mondo, tra cui Tokyo, Kyoto, Fukuoka, Singapore, Bangkok lo hanno portato a ideare Arnolfo The Frame, il nuovo ristorante in cui la cucina diventa palcoscenico, visibile da tutti gli ospiti. Studiato in ogni dettaglio per velocizzare e rendere più fluido il lavoro di tutta la brigata, questo innovativo modo di concepire lo spazio dedicato alla preparazione di piatti, si affaccia sul borgo medioevale di Colle di Val d’Elsa, permettendo di coordinare, come in un’orchestra, cucina e sala e rendere, così, l’esperienza gastronomica degli ospiti un vero e proprio spettacolo da guardare.

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Ha una passione viscerale per l’architettura che l’ha portata a disegnare il “ristorante dei suoi sogni”. Ce lo racconta?
Era il mio sogno nel cassetto portare innovazione nella struttura, a partire dalle cucine, luogo che spesso viene trascurato dagli investimenti. È nato così “Arnolfo The Frame”, presentato nel 2010, un progetto ambizioso e futuristico, che verrà inaugurato il prossimo autunno. Arnolfo The Frame si affaccia sul caratteristico borgo medievale con una location particolarissima, che sorge su una piazzetta, realizzata con i materiali del territorio, come il travertino di Rapolano color terre di Siena. Su una superficie di mille metri quadrati, il progetto vedrà 3 cucine, una per gli antipasti, una per i primi e una per i secondi e la pasticceria, mentre l’ampia sala ospiterà 8 tavoli, per regalare un’atmosfera intima ed esclusiva agli ospiti.

Com’è riuscito a declinare la sua passione per l’architettura nella cucina? Ogni piatto è un’architettura che si consuma, e anche la sua realizzazione prevede una particolare attenzione ai volumi, alle forme, all’equilibrio. I tratti distintivi di lei e quelli di suo fratello, che guida la sala, sono l’eleganza e la gentilezza. Da chi li avete ereditati?
Sicuramente la mamma è sempre stata una donna molto elegante, molto raffinata e molto attenta alla scelta delle materie prime. Ricordo che già da bambini si dormiva nelle lenzuola di lino! C’era un’attenzione per tutto quello che era esclusivo e bello e questo lo abbiamo incamerato e ci siamo sempre circondati di tutto quello che è bellezza, ma anche funzionalità.

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Due stelle Michelin conquistate nel 1986 e nel 1997. Com’è cambiata la cucina da quegli anni a oggi?
Secondo me, le nuove generazioni tagliano un po’ il percorso della mise en place e delle lunghe cotture, come quelle dei fondi, che necessitano minimo di 36-48 ore. Chiaramente bisogna dare questi input ai nuovi chef e vogliamo farlo con il nostro progetto dell’Accademia, dedicato alla formazione dei professionisti di domani.
Ci sarà anche un orto, con erbe aromatiche, fiori eduli per rendere i piatti più colorati e più completi. Riprenderemo le ricette storiche e le renderemo contemporanee. Un altro aspetto importante sarà quello di ottimizzare gli sprechi e acquistare solo, o almeno l’80%, dei prodotti nostrani.

Come sceglie i suoi fornitori? Che caratteristiche devono avere per entrare nella sua cucina?
Innanzitutto escludiamo le produzioni intensive, prediligiamo quelle biologiche, che devono salvaguardare il proprio territorio. Ho un rapporto bellissimo con Laura Peri, un’allevatrice di polli ruspanti allo stato brado. Quello della Valdarno è un prodotto unico, versatile, leggero e gustoso. Utilizziamo anche molti prodotti Slow Food, come il fagiolo di Sorana.

Cosa vuole che l’ospite percepisca quando gusta un suo piatto? Cosa vuole trasmettere?
Vorrei trasmettergli la genuinità, il piacere di riscoprire i sapori dei nostri territori.

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Che menù proporrete per l’apertura?
Un menù a base di pesce, carne e vegetali e un menù solo a base di verdure, perché amo molto questo tipo di cucina.

Nei suoi piatti si sentono più i sapori delle sue origini siciliane o della terra adottiva toscana?
In realtà la mia cucina è frutto di 40 anni di esperienza in giro per il mondo, chiaramente con una predilezione per i prodotti toscani.

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É vero che lei disegna i suoi piatti prima di cucinarli quando pensa a qualcosa di nuovo?
É assolutamente vero. Sono come bozzetti prima dell’esecuzione. Mettiamo assieme i 3 elementi focali che compongono il piatto, dopo si lavora su tutti gli altri aspetti del palato.

Che cosa la rende più felice: avere clienti soddisfatti o allievi che spiccano il volo?
Entrambi. Amo vedere i miei allievi spiccare il volo, perché saper trasmettere tecniche, approcci e contenuti alle nuove generazioni mi appassiona. Quello che mi piace maggiormente è stimolarli a reinterpretare in chiave personale le ricette, seguendo ognuno la propria personalità.

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