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Alessandro Borghese: il cuoco più amato della televisione si racconta

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Come ogni mattina entro in edicola e mentre aspetto mi occhieggia tra gli scaffali lo sguardo allegro e luminoso di Alessandro Borghese. È uno dei libri di ricette della collana settimanale “Portami in cucina con te”. Lo prendo per sfogliarlo e una dolcissima anziana signora bussa leggera alla mia spalla e mi dice: “Lui è bravissimo, mi piace tanto, lo guardo in tv tutte le sere alle 20.00!”.

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Ripongo il libro sorridendo e ripenso alla prima volta che andai a mangiare nel suo ristorante milanese “AB – il lusso della semplicità”. Quando mi accolse mi sembrò di conoscerlo da sempre. Perché lui è così: dallo schermo entra nelle case, diventa un amico e ti coinvolge con la sua genuina vitalità mettendoti di buon umore. E quel carisma lo ritrovi conoscendolo di persona, come a dire che Alessandro non ha mai smesso di essere semplicemente se stesso.
Da “Kitchen Sound” a “4 ristoranti” passando per “Cuochi d’Italia”, nessuno può negare che sia uno dei cuochi e personaggi televisivi più seguito.
Ma perché? Chi è Alessandro Borghese? Ce lo racconta lui stesso, in una chiacchierata che più “a cuore aperto” non si può.

“Sono nato a San Francisco, cresciuto a Roma. Ho vissuto e lavorato in giro per il mondo e ora la mia famiglia vive a Milano. A casa ci sono le persone con cui viene fuori il meglio di me. Gli amici di una volta che oggi sono diventati i miei collaboratori di fiducia. Mia moglie Wilma, senza la quale non sarei arrivato dove sono oggi. Le mie figlie Arizona e Alexandra con le quali gioco, canticchio, racconto delle storie, disegniamo, coloriamo e viaggiamo tanto insieme. Per me è importante poter condividere ogni momento libero con la mia famiglia, spero con questo di lasciare dei ricordi comuni. I miei genitori, la sera oppure durante i viaggi insieme, per farmi addormentare spaziavano in un insolito repertorio: dalle commedie di Shakespeare (inclusa la recitazione perfetta di mia madre per descrivere uno dei personaggi di “A Midsummer Night’s Dream”) alla commedia più famosa del genio di Eduardo De Filippo, “Natale in casa Cupiello”, raccontata da mio padre. Adesso tocca a me raccontare le favole o inventare storie fantastiche per le mie figlie, come il Grillo Panzuto: un grillo pacioso, viaggiatore e dal cuore impavido. Le sue avventure cambiano ogni sera; fino a poco tempo fa terminavo il racconto con Arizona e Alexandra addormentate, adesso che entrambe sono più grandi, alla fine della storia aggiungono un notevole assortimento di particolari che devo ricordare perfettamente per il racconto della sera dopo. Che altro dire di me, amo il colore rosso, vivo, audace e carico di pathos. E la musica è la mia medicina migliore”.

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Rosso come carisma…
Il carisma non puoi studiarlo o inventarlo; o c’è, oppure se manca, si lavora sulla serietà e l’impegno. Esistono professionisti con poco carisma ma con un grande talento. Oppure puoi avere tutto il carisma che vuoi, ma se poi scarseggi nella professione di cuoco offendi l’intera categoria che lo fa di mestiere, e questo non è corretto. Non ci si improvvisa in nulla…
Sono un imprenditore che vuole esporsi ai rischi che ogni lavoro comporta. Sai, mio padre sosteneva che bisogna focalizzare l’obiettivo da raggiungere e migliorare continuamente, studiando e impegnandosi a fondo. Ed è quello che faccio.

Tuo padre è stata una persona importante per la tua scelta lavorativa?
Sì, la più importante di tutte. È stato mio padre Gigi che mi ha fatto scoprire la passione per la cucina e grazie a lui è diventata studio e progettualità.
Poi mia moglie è stata la vera fortuna della mia vita, è cambiato tutto con lei. Wilma è una vera forza della natura, una mamma che si divide tra casa e ufficio: quanto corre anche lei per far tutto! Quando l’ho conosciuta, nel 2008, io non avevo mai avuto una relazione stabile, sempre toccata e fuga da single impenitente! L’ho vista e mi sono innamorato per la prima volta e da allora non ci siamo più lasciati: siamo diventati una famiglia, con le nostre figlie di sette e tre anni. Grazie a lei le mie idee si sono trasformate in realtà. Nel 2009 le chiesi “Mi aiuti a creare la mia azienda?” e così fondammo l’AB Normal srl – eatertainment Company, in una minuscola mansarda milanese, e nello stesso anno ci siamo sposati. Un matrimonio d’amore e un florido sodalizio lavorativo. Abbiamo costruito le nostre vite su quello che ci piaceva fare, fianco a fianco e tenendoci per mano, sempre con un obiettivo comune e d’accordo sul piano intellettuale. Abbiamo gli stessi gusti, ci piace il cibo, la musica, l’arte e siamo due fantasiosi; ci piace pensare di aver trovato finalmente quella mezza mela del Simposio di Platone.

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A proposito di amore, il tuo motto è “Cucinare è un atto d’amore”. Cosa è per te la cucina? Quanto contano la conoscenza e la tecnica e quanto invece l’amore?
La cucina è un luogo impegnativo, ci vogliono concentrazione, intuizione ed esercizio fisico. È fondamentale per chi lavora in questo ambiente soddisfare i bisogni del proprio ospite, si tratta di un’immensa responsabilità per chi esegue e per chi gusta. È un gesto quotidiano, un atto d’amore ricco di desiderio, trasporto e attrazione che ho fortemente voluto far diventare li mio lavoro. Quando si entra in cucina c’è studio, progettualità, fantasia. Sono innamorato dell’arte gastronomica italiana, è storia, sapore, passione, genuinità, semplicità, un lusso che in cucina puoi concederti per viziare, stuzzicare e risvegliare le papille gustative.
Amo il mio lavoro e fin da piccolo ho sempre voluto fare lo chef. Sono cresciuto aiutando mio padre in cucina la domenica mattina a preparare il gustoso ragù, tipico della tradizione partenopea. La cucina mi ha sempre regalato quel tocco più emotivo e intenso che avessi mai sentito, mi fa stare bene. Ai fornelli sei accaldato, adrenalinico e pure sporco sulla casacca ma alla fine hai grandi soddisfazioni. La sicurezza sta nell’esperienza, nel conoscere la materia prima; si entra in cucina e si crea.
L’ispirazione è importante, e nasce da un’idea, da una canzone, oppure da un quadro. Spesso arrivo al mattino e dico ai miei ragazzi: “Stanotte ho avuto l’ispirazione per un nuovo piatto!”. Insieme impostiamo le linee generali e poi testiamo i piatti (con tutto il team). Ricordo che il mio panino di pesce e il mio Savarin sono nati dopo quella passeggiata al Louvre con del buon rock nelle orecchie. L’arte provoca e ci comunica: attraverso i colori, le sensazioni, gli elementi, la luce… dipende solo da cosa riesci a vedere e sentire.

La tecnica e l’amore…
L’amore è quel brivido che scorre lungo il corpo quando mia moglie mi guarda. La sensazione di benessere che mi trasmettono le mie figlie quando torno a casa dopo una giornata di lavoro, mi abbracciano e mi regalano il loro sorriso urlando “Ciao Papu!”.
La tecnica si evolve attraverso il progresso. Pensa ai nuovi strumenti di cucina. I materiali sintetizzati sono resistenti, con un basso impatto sulla natura e utilizzabili in molti ambiti: dalla macro-scala, alla realizzazione di piattini per il pane o di piccoli segnaposto. Fino a qualche anno fa era impensabile tenere sotto controllo la cottura a bassa temperatura; eppure, oggi, ci sono cuochi che non riescono a farne a meno nelle loro preparazioni. Uno chef, degno di questo appellativo, deve saper governare la tecnica senza esserne schiavo, anzi deve riuscire ad utilizzare la tecnologia per migliorare ed evolversi sempre più. Bisogna studiare e approfondire; per preparare una cacio e pepe ci vogliono testa ed esercizio. Devi conoscere i formaggi, la loro stagionatura, sapere quale formaggio si lega meglio con un altro e trovare il giusto abbinamento con l’amido della pasta; solo così avrai un ottimo risultato. Insomma, cucinare vuol dire passione e consapevolezza: amore, impegno, istruzione e professionalità. È un mestiere duro, con poche ferie: quando tutti festeggiano tu sei lì a lavorare! Ma ovviamente se lo ami, ti regala molte soddisfazioni. Non si cucina mai per il conto, si cucina per far felici gli ospiti!

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Immagina di dover inventare un piatto “su due piedi”, una richiesta improvvisa e poco tempo per realizzarlo…
Sceglierei sicuramente l’ingrediente più fresco che trovo in dispensa. Sarà la materia prima ad ispirarmi, a dirmi come lavorala: un sarago fresco ti chiede di essere solo scottato per lasciare intatto il sapore del mare e la morbidezza delle sue carni, ed essere servito con verdure fresche dell’orto; un cosciotto d’agnello può essere disossato o lasciato intero e marinato con erbe spontanee per ammansire il suo afrore ed essere cotto al forno. La creatività è assolutamente libera, non si tratta di qualcosa di statico.

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Sei stato il promotore della cucina arrivata in TV. Secondo te perché la cucina oggi deve essere così “esternata” e non rimanere invece quella di un tempo, per pochi eletti, in grado di capire davvero di cosa si tratta?
Sono molto contento di essere stato un anticipatore di questa nuova tendenza; avevo un’idea del successo della cucina in televisione fin da quando era singolare diventare testimonial di un prodotto gastronomico.
Grazie al progresso e alla comunicazione, oggi la cucina (e il mondo che ne gira intorno) genera sviluppo e professioni nuove ed originali. Sono sempre stato un sostenitore del progresso: accorcia le distanze e migliora la cultura. Il periodo storico che stiamo vivendo, dove la competenza di molti e l’immaturità lavorativa, per fortuna di pochi, sono al servizio di un pubblico esigente e preparato. È un periodo in cui finalmente l’Italia è al passo con il resto del mondo, riguardo la storia, la tradizione e il riconoscimento della sua importante arte gastronomica.

Qualcuno pensa che la televisione e i social abbiano “imbastardito” una nobile arte. A questo tu cosa rispondi?
Era ora che nella televisione italiana ci fosse più cucina! All’estero avevano iniziato a comunicarla molto tempo prima. Il cibo e la cucina hanno catturato l’attenzione dei network televisivi e di Internet, la cucina è l’anima dell’Italia, le materie prime sono uniche ed eccezionali.
Oggi abbiamo la fortuna di avere mezzi di comunicazione immediati e diffusivi: chiunque attraverso la televisione, internet e la stampa, può seguire i procedimenti e i consigli del suo chef preferito. In Italia abbiamo creato un linguaggio universale sul cibo: pasta, cappuccino, spaghetti, parmigiano, espresso, pizza, mozzarella. E solo adesso abbiamo raggiunto le lodi meritatissime. Puoi trovarti in un qualsiasi posto all’estero, parlare in una lingua non tua, che la parola “pasta” resta per tutti il sinonimo per eccellenza del Bel Paese.
La cucina in televisione ha permesso a parecchi di conoscere i cuochi da vicino e di trasformare una passione in un lavoro; con la nascita di nuove attività poi, dai food blogger ai siti dedicati, sicuramente si favorisce un business importante per l’economia del nostro Paese.

I tuoi 4 ristoranti preferiti in Italia e all’estero?
L’imbuto di Cristiano Tomei: si è trasferito da qualche mese a Palazzo Pfanner a Lucca, un edificio pieno di storia non solo per essere stato il palazzo del “Marchese Del Grillo”. Creazioni artigianali dalla sensualità inaspettata. Una cucina brutale senza fronzoli. Cristiano emoziona, fa sgranare gli occhi, provoca e stimola. Imprevedibile e geniale!
Tim Ho Wan a Hong Kong. Situato al piano interrato di un centro commerciale, è conosciuto come lo stellato più economico al mondo. Un ristorante popolare e con cucina locale e tradizionale. La poca attenzione alla presentazione dei piatti, prerogativa maggiormente occidentale, viene ripagata dal loro gusto stellare! Qui bisogna lasciarsi trasportare dal gusto unico, tipico e genuino delle creazioni degli Chef Mark Kwai Pui e Leung Fai Keung che puntando all’essenziale, lo fanno nel modo migliore: con un gusto che non dimentichi.
Asia de Cuba nel cuore di Covent Garden a Londra, all’interno del St Martin Lane Hotel. Un ristorante con un design tanto stravagante quanto affascinante, che invoglia il visitatore a sedersi godendo di un’atmosfera moderna e dinamica, senza essere leziosa e gustare le prelibatezze della sua cucina. Combinazioni gustose, sperimentali e internazionali. Una cucina originale con una filosofia che ripercorre le antiche tratte commerciali britanniche.
Infine Red, ad Amsterdam. Ha un ingresso volutamente anonimo in contrasto con l’interno che esalta la sala ricca di colori e dettagli da scoprire. Le pareti verdi, come i prati di Van Gogh, fanno da sfondo a quadri dai tratti espressionisti ed enormi specchi che dilatano la prospettiva dello spazio. Il soffitto è un’opera d’arte retroilluminata, che impreziosisce il locale con il suo stile moderno, rendendo l’ambiente informale e caldo. Solo due percorsi enogastronomici nel menu: filetto di manzo o aragosta canadese. Una Grande Carte che può sembrare riduttiva ma dal risultato indimenticabile. Le patate fritte sono tra le migliori che abbia mai assaggiato. Un ristorante dal concetto unico come la sua proposta gastronomica e il suo servizio ospitale, informale e caloroso.

Libri, musica e cucina sono le tue passioni. Allora ti chiedo 3 titoli di libri da portare sempre con sé.
Sono un divoratore di libri, oltre che di pasta! Mi piace girovagare per le librerie e leggere le righe di qualche foglio per capire chi portare con me.
Ogni persona al mondo è nata in India almeno una delle sue vite precedenti: “Shantaram” e le sue più di mille pagine, da divorare tutte in un fiato, ricche di una vita intensa, struggente e di chi si concede una seconda possibilità di riscatto. Gregory David Roberts è encomiabile in questo, entri nella sua anima guardando ciò che ha visto e patito.
Da ragazzo, lavoravo a Parigi, primi anni nelle cucine importanti, e ho sognato con la follia e il genio di Henry Miller, ne “Il Tropico del Cancro”: il suo modo di vivere in un ambiente irrazionale, onirico e assolutamente proibito della Ville Lumière, senza un lavoro e una relazione stabile; le sue continue frequentazioni di una notte e via; il suo escogitare nuove idee, perché lui non si abbatte mai per sentirsi libero e felice. E poi, c’è il mio libro del cuore: “Cacio&Pepe”. In questo libro, ci sono io (che di solito non amo parlare della mia vita privata), la mia storia, le persone che amo e poi mi ricorda la giornata dello shooting fotografico: fu molto divertente scattare con la mia famiglia, compreso il nostro gatto Tokyo.

Tre pezzi di musica che hanno segnato la tua vita?
La musica è una parte fondamentale, mi rispecchia molto: una combinazione di piacere e malinconia. A volte amo ascoltarla in “shuffle”, libera di passare da un brano blues a uno al pianoforte oppure a una ballata hard rock. Il giorno del mio matrimonio, il sole stava per tramontare e i suoi caldi raggi illuminavano il Santuario della Madonna del Roseto. Un leggero vento di mare si sollevava fino alle colline, rinfrescando l’aria. Un violino e una chitarra elettrica suonavano l’arpeggio di Stairway To Heaven dei Led Zeppelin e poi ho visto lei, Wilma, bellissima, come trasportata delicatamente da quel soffio di vento, salire i gradini verso il sagrato benedetto dove l’aspettavo estasiato ed emozionato: quelle precise note musicali hanno catturato e fermato per sempre quell’istante unico di fine luglio.
Un altro brano dal potere fortemente evocativo è Sultans Of Swing dei Dire Straits; la canto spesso e mi riporta al concerto del 1992 all’Oakland Coliseum di San Francisco, la città dove sono nato. Ci vivono i miei zii, andai al concerto con loro e i miei amici adolescenti californiani… è sempre meraviglioso tornare per rivedersi.
E poi sicuramente una canzone che ha regalato una bella soddisfazione è “Fenomeno” di Fabri Fibra: “Lo sa anche Alessandro, l’Italia è Borghese”. Sentirla cantare e sapere che ci sono persone a cui regali bei sorrisi, fa sempre piacere!
Di rock intramontabile nella mia cucina ci sono la Cacio&Pepe, la Pasta e Patate e il Barbecue della domenica. Quest’ultimo lo amo condividere in famiglia e con gli amici, per provare gli altri due invece, beh, tocca venire al ristorante!
C’è una quarta mia passione, l’arte. L’ho voluta portare nel mio ristorante milanese esponendo opere di artisti famosi ed emergenti. L’Arte è un sole che influenza e incrementa le maree delle mie scelte. Sono affascinato dai tagli di luce di Caravaggio, dalle rapide pennellate di Van Gogh, dalla forza espressiva di De Chirico, dalla voglia di vivere di Frida Kahlo. Non ho un artista o uno stile preferito, mi piace ciò che mi regala un’emozione!

E allora “facciamo un salto”, assieme alla musica e l’arte, nel tuo ristorante. Alessandro Borgese – il lusso della semplicità. Cosa intendi per il lusso della semplicità?
Il lusso della semplicità è la mia filosofia. Mantenere la semplicità in cucina vuol dire tante cose: potrebbe significare ridurre un piatto alla sua forma base o focalizzarsi su un ingrediente per sperimentarne l’essenza. Oppure creare un’atmosfera da rock band, dove le diverse parti della cucina si muovono come strumenti di un concerto. In qualunque caso, “semplice” in una cucina raramente significa “facile”. È una cucina che col tempo si è evoluta, che è andata oltre e poi è tornata indietro.
La musica, l’arte, i miei viaggi, le mie esperienze sono fonte di ispirazione per i miei piatti. La musica mi fa stare bene. Mi ispira. Sono cresciuto con una miscela di influenze che prendono origine principalmente dall’hard rock e dall’heavy metal degli anni Settanta: Led Zeppelin, Jethro Tull, Black Sabbath. Poi è arrivato il pop e il rock anni Ottanta, dai Depeche Mode ai Guns N’ Roses. Successivamente passai ad ascoltare il jazz e a cantare in una band con gli amici brani dei Jamiroquai. Nel mio ristorante milanese si ascolta la musica con un DJ Set e alcuni vinili provengono dalla mia collezione privata.
La musa dell’arte è sempre presente nel mio lavoro. Ho imparato ad apprezzarla con gli anni e per questo ho voluto portarla anche all’interno del ristorante. Quando si matura professionalmente si procede per sottrazione più che per addizione: negli anni ho sperimentato le mode e alla fine ho compreso che i prodotti migliori sono quelli schietti e sinceri che ti andrebbe di mangiare tutta la settimana. Questa è oggi la mia cucina. Questo è il messaggio che lo stile del mio ristorante e del mio menu trasmette a chi viene a trovarmi. Uno stile che ricorda gli sfarzi degli anni ‘30, le suntuose navi da crociera che solcavano gli oceani e i lussuosi alberghi nei grattacieli di New York. Lo stile muta col tempo, così come la cucina, esprime le tendenze di un determinato tempo in un determinato luogo. La cucina deve stare al passo con l’evoluzione dello stile e dei gusti. A casa propria si sperimentano gli ultimi strumenti presenti sul mercato o visti in TV, indispensabili per impastare e utili per cucinare, si eseguono piatti elaborati e internazionali visti magari su internet. Così poi si preparano i piatti della tradizione con l’innovazione e con la consapevolezza maggiore verso ciò che si cucina. Dico sempre ai miei ragazzi che “Gli occhi mangiano per primi… ma è nella bocca che il gusto vince!” L’estetica è fondamentale nella presentazione dei miei piatti, deve attivare tutti gli altri sensi per gustare a pieno quello che si andrà a mangiare di lì a poco. La mia cucina è il mio modo di comunicare, lo strumento di creatività, è tutto il mio essere ricco di spontaneità. Il mescolare sapori incredibili con odori semplici ma a volte sorprendenti. I miei ospiti apprezzano questa filosofia. Si sentono accolti e gustano i miei piatti senza nessuna sovrastruttura perché nel mio ristorante si sentono a casa con in cucina uno Chef.

La situazione più imbarazzante che hai dovuto affrontare nel tuo ristorate?
Sono sempre più convinto di dover girare un reality nel ristorante. Ogni giorno succede qualcosa su cui poter scrivere un capitolo di un libro o iniziare una serie tv! Fortunatamente lavoro con un team di professionisti che sanno gestire ogni situazione con professionalità e cortesia. Qualche tempo fa, in una serata con il ristorante in pieno fermento, alcuni clienti stavano infilando nelle borse e nelle maniche i nostri portaposate, in maniera alquanto rocambolesca.
Non avendo le tovaglie sui nostri tavoli e cambiando le posate ad ogni portata, era facile notarne la scomparsa. Quando sono uscito per salutare la sala, una signora di quel tavolo è venuta a chiedermi una foto, solo che il portaposate le è scivolato dalla manica, facendo rumore e generando la risata dei presenti e soprattutto il mio stupore! Foto fatta, ma a patto di riavere sul tavolo la refurtiva!

Cosa bolle in pentola?
Sono in continua evoluzione e con il mio team lavoriamo su nuovi progetti per i nostri clienti e sui nuovi eventi da organizzare. Con il gruppo Constance Hotels&Resorts, porteremo il gusto e il sapore della mia cucina e lo stile italiano oltreoceano con eventi esclusivi e già sold out con il brand “Alessandro Borghese – il lusso della semplicità”.
Mi piace scrivere. Quando scrivo, spesso in inglese, riordino scene, musica, volti, sorrisi, attimi; e allora mi siedo di fronte alla tastiera e accendo il pc. Mi dispiace solo non essere ancora riuscito ad andare oltre il quinto capitolo del mio romanzo erotico, fermo in una cartella sul desktop!

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