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Tutti pazzi per il “MAD”. Il modello danese detta la strada

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Maggiore attenzione alla provenienza dei prodotti, abitudini alimentari più green, impiego massiccio di tecnologie per la prenotazione, per il pagamento e per le consegne. Sembrano essere queste le tendenze del settore ristorativo un po’ ovunque, alla vigilia, si spera, di una ripartenza effettiva e senza altri singhiozzi di tutto il comparto.
L’eredità del 2020 porta in cima alla lista delle priorità l’importanza degli spazi all’aperto e tutte quelle strutture che potranno garantire questo tipo di accoglienza saranno di
certo “preferite” alle altre.
Ma non solo. Tra le tendenze dei prossimi anni, avanza l’attenzione all’economia locale, favorendo gli “acquisti sotto casa” rispetto alla grande distribuzione. Di pari passo andranno anche gli acquisti di prodotti gastronomici dagli e-commerce, mentre i ristoranti ridurranno il loro menù, ampliando di contro l’offerta nel corso della giornata, nell’esigenza di accontentare tutti e spalmare la clientela su un ampio raggio. In questo tentativo della ristorazione di ritornare a una normalità concreta al più presto, si guarda con attenzione all’Europa, in particolar modo al modello proveniente dalla Danimarca.
Un modello venuto fuori anche da una serie di appuntamenti online nell’ambito dell’iniziativa “Mad about Denmark”, coordinati da Visit Denmark, l’ente del turismo danese, in collaborazione con il Danish Agriculture & Food Council.
A partecipare attivamente anche lo chef René Redzepi, che ha sottolineato nel suo intervento l’impegno in cucina per il futuro del mondo.
L’iniziatore del Nordic Food Manifesto, dal 2003 alla guida del Noma, il ristorante nominato quattro volte il migliore al mondo, ha parlato della sua visione di cucina, progressista, d’avanguardia, rivoluzionaria. Una cucina con menù che seguono interamente le stagioni: solo pesce e frutti di mare d’inverno, con erbe e fiori d’estate, con cacciagione e funghi d’autunno e con uno spazio speciale riservato alle fermentazioni. Una cucina di ricerca, che accolga e allo stesso tempo educhi all’importanza della sostenibilità, dell’evitare
gli sprechi, dell’utilizzo di tecniche e risorse che siano in armonia con la natura.
Insomma, la Silicon Valley del food, com’è stata battezzata la Danimarca, detta “legge” in materia di nuovi approcci dell’enogastronomia, proponendo concept specifici, che partano dai piccoli produttori. Per andare lontano, bisogna cominciare con le filiere corte, diffondendo un forte senso di community, che altro non è se non tornare ad un’economia del passato, più connessa, più condivisa, che dà vero valore alle risorse, al territorio e alle persone che lo vivono.

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Il nuovo NOMA. Una vista esterna delle serre del ristorante stellato Michelin

Il modello danese lanciato da René Redzepi e dagli altri ristoratori sottolinea la necessità di una ristorazione di prossimità, con una gestione più umana e sostenibile dei ristoranti, oltre che di un grande senso di comunità e localizzazione e di un’economia che sia davvero circolare, impattando il meno possibile sull’ambiente.
Accanto a questa premessa, non bisogna certo dimenticare che la ristorazione è chiamata in primo luogo a sposare la logica della “liquidità”, intesa come capacità di adattarsi alle situazioni che andranno profilandosi, anche impreviste, senza per questo perdere la propria identità.
L’ultimo anno ha insegnato che la “vecchia” concezione di ristorazione, come modello irrigidito da un’accademica veste talare, non è più rispondente ai cambiamenti in atto, sempre più repentini.
È necessario creare nuove forme di contatto con il cliente, adoperarsi per una ospitalità più trasversale, in cui forme più moderne del delivery, della degustazione si alternano e anzi diventano esse stesse espressioni dell’esperienza gourmet.

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