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Tecniche e sapori dell’innovazione

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a cura di Marco Furmenti

Siamo all’ennesima diatriba gastronomica su quale sia il significato di innovazione in cucina. C’è chi la intende come utilizzo di nuove tecniche, chi di nuovi abbinamenti, chi di nuovi sapori o più semplicemente come un modo nuovo di concepire ciò che è già stato scritto. Non è cosa semplice identificare chi negli ultimi tempi si sia distinto per l’innovazione in questo campo e infatti potremmo anche azzardare una classifica per categorie per dare ad ognuno lo spazio che merita. In primis viene la tecnica che è la base di ogni cucina che si rispetti. Non è importante che tu voglia cucinare un uovo al tegamino o sferificare un’emulsione alcolica da aperitivo: la tecnica deve essere imprescindibile dalla tipologia di ristorazione. Terry Giacomello, dopo un’esperienza da El bulli di Ferran Adrià, approda all’Inkiostro di Parma con idee al di fuori degli schemi. La cucina di Terry è pura sperimentazione, non solo di ingredienti insoliti, ma anche di tecniche particolari che rendono appetibili prodotti che solitamente non verrebbero consumati come l’esofago di gallina, il grasso rancido del prosciutto o alcuni tipi di muffe. Uno degli ultimi menù degustazione dell’Inkiostro, Vibrazioni, spiazza gli avventori del ristorante e necessita di un’approfondita spiegazione per comprendere cosa lo chef abbia inserito nei suoi piatti che sono in grado di ingannare il palato per consistenze e accostamenti a dir poco insoliti.
L’abbinamento dei sapori è un’arte che funziona a due livelli, per contrasto e per completamento. Due prodotti possono sposarsi alla perfezione sia che collidano fra di loro come in uno dei più classici agrodolce o dolce forte sia che si completino come il più classico dei cantucci inzuppato nel Vinsanto. Quale chef oggi non è in grado di giocare e sperimentare su queste pratiche per rimanere sulla cresta dell’onda? Potremmo addirittura inserirli tutti in questa classifica, eppure uno in particolare, dopo anni di onorata carriera ai vertici delle classifiche continua a stupire i commensali, forse un po’ troppo nell’ombra. Gianfranco Vissani, chef patron del suo ristorante di Casa Vissani di Baschi in Umbria, è famoso nell’ambiente gastronomico italiano per il suo palato assoluto. Padrone di tecniche e di una cultura culinaria da manuale, Gianfranco Vissani presenta nei suoi menù ingredienti più consueti rispetto al collega di Parma, ma in una veste eclettica con una capacità di abbinare ed equilibrare i sapori, di una innovativa italianità, che continua a confermargli le stelle Michelin tanto meritate. Basta dare un’occhiata ai suoi menù per accorgersene: la coratella, tanto amata nel centro Italia, tipica della cultura povera del quinto quarto, viene elevata a capolavoro con un bizzarro abbinamento con la confettura di mango e la cipolla essiccata. Quell’odiato mare e monti che fa tanto anni ’80, nelle mani di Vissani prende due vie intraprendenti ed egualmente al di sopra dei soliti cliché: da una parte la classica cotoletta alla milanese, si arricchisce di gusto grazie agli agrumi, e di sapidità grazie alle capesante alle alici. Dall’altra la sempre amata frittata ai carciofi si incontra in un abbraccio invernale con la zucca gialla e con i ravioli di gambero bianco. Tecnica e arte nell’abbinamento… manca l’idea! Quell’idea che tutti gli chef inseguono per diventare unici ed inimitabili, ma che non tutti riescono a realizzare o a trasmettere nei loro piatti. Innovare significare guardare avanti, ma quando questo desiderio di modernità ci porta a guardare inesorabilmente indietro, i risultati possono essere sorprendenti. Norbert Niederkofel del ristorante St. Hubertus a San Cassiano in questo ha superato gran parte dei suoi colleghi. Se molti di questi sono alla costante ricerca dell’ingrediente esotico, curioso da presentare nel piatto, Norbert ha rivoluzionato l’alta cucina con il concetto di Cook the mountain esprimendo tutta la sua creatività ed estro attraverso le materie prime reperibili nelle valli del Trentino Alto Adige. Dare valore a tutti gli ingredienti disponibili sul territorio dai formaggi, alle carni, ai funghi fino a bacche, resine e licheni è un modo nuovo di vivere la cucina e la montagna basandosi su antichi riti di una tradizione che ogni giorno tende a scricchiolare sotto la mano pesante del nuovo. La sua idea viene ben rappresentata nei menù assolutamente stagionali del suo ristorante nel quale non troverete prodotti del mare o ingredienti afrodisiaci, ma magari una rivisitazione montanara di piatti della tradizione. Famosa la sua carbonara alpina la cui pasta di grano duro è sostituita da una di farro autoctono, il guanciale affumicato dallo speck e il pecorino dal più saporito dei formaggi di malga.

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