Ci sono profumi e sapori che scavano nel profondo della memoria, riportandoci a emozioni e ricordi che credevamo dimenticati per sempre. La pasticceria, più di ogni altra arte culinaria, ha la capacità di far riaffiorare immagini e reminiscenze; di raccontare storie, proprio come un libro.
E lo fa con una forza straordinaria. Ce lo racconta Luigi Biasetto, uno dei Maestri che ha trasformato la dolcezza in un linguaggio universale, capace di parlare direttamente al cuore.
“La pasticceria racconta quello che appartiene ai nostri ricordi più profondi – ci spiega –. Il perché di questa peculiarità è legato anzitutto alla nostra innata abilità di percepire gli odori. Il naso consentiva ai nostri antenati di capire dove cercare il cibo; oggi, in un mondo estremamente dinamico, abbiamo perso questa attitudine, ma un neonato, appena appoggiato sul ventre della madre, si dirige istintivamente verso il seno, attratto dall’odore del lattosio. Lo zucchero è la prima fonte di energia dell’essere umano, il primo bisogno per la sopravvivenza; è quell’elemento che nella nostra memoria ci richiama alla vita”.
“Senza dolce non è vita” rivelava Biasetto in un libro, a testimonianza di questa strettissima connessione e del nostro desiderio di dolcezza nei momenti di consolazione, come anche in quelli di festa e di celebrazione.
Ma se il glucosio è il primo alimento della vita è altrettanto vero che “fare dolci non è nutrirsi, bensì un atto di passione.
Il dolce è una delle più grandi espressioni d’amore in cucina”. Il Maestro Biasetto lo dice rammentando le mani sapienti delle nonne, che preparavano dolci squisiti, e facendoci riflettere sul fatto che tra i luoghi simbolo di comunità e tradizione, in ogni paese d’Italia, oltre alla chiesa e al Comune, c’è sempre una pasticceria.
Ricordi, senso di appartenenza, ma anche lentezza tra i regali dell’arte pasticcera. In un’epoca che corre veloce, in cui tutto sembra sacrificato alla rapidità, fare dolci rimane infatti un’attività, un talento, che richiede tempo, dedizione e precisione. “Ci sono momenti in cui si deve agire con rapidità, come quando l’impasto non deve raffreddarsi o surriscaldarsi, ma ce ne sono altri in cui bisogna rallentare, isolarsi, entrare in contatto con la materia”. Uno di questi è la decorazione, un momento intimo, quasi meditativo. Quando si decora un dolce bisogna frenare, prendersi il tempo necessario per donarsi; ed ecco che, ancora una volta, ogni creazione golosa racconta una storia, e forse anche più di una.
Creazioni che, oggi più che mai, devono conciliare la golosità con le nuove esigenze di leggerezza e benessere. Luigi Biasetto spiega infatti che il nostro gusto, a fronte di necessità di apporti energetici minori, è cambiato nel tempo: “Una volta la cassata siciliana aveva 800 grammi di zucchero per chilo di ricotta, oggi siamo a 300. Il nostro palato si è evoluto, riconosce gli eccessi, come il troppo dolce o il troppo grasso, e li rifiuta”.
Così anche la sua iconica Sette Veli si è trasformata negli anni. “Oggi – spiega – le materie prime sono migliori. Usiamo la nocciola gentile del Piemonte con una tostatura arrangiata, per
mantenere il profumo e la pulizia che hanno le nocciole non tostate. Abbiamo cercato un cioccolato del Madagascar ancora più lungo e pulito in bocca, senza estremismi nell’acidità. Abbiamo ridotto gli zuccheri del 15%, eliminato la farina sostituendola con la più preziosa polvere di mandorla. Il cacao della glassa è un mono origine dell’Equador, rosso, entusiasmante. La Sette Veli è certamente un dolce in evoluzione continua”.
E a proposito di evoluzione, ecco la sperimentazione come motore necessario a una disciplina che unisce chimica, tecnica, fisica, architettura, e che deve essere capace di un fil rouge tra tradizione e progresso. Perché in pasticceria, come in cucina, non abbiamo già scoperto tutto e la pasticceria ha ancora molti segreti da svelare. “Credo – riflette Biasetto – che a un certo punto dobbiamo prendere tutte le conoscenze acquisite e metterle nello zaino, come fa uno scout, e conservarle. Oggi abbiamo nuove materie prime, come la farina di girasole, che migliora la conservazione e l’intensità dei sapori; esistono tecnologie che ci permettono di affinare gli ingredienti, come la farina di riso che è più fine della farina doppio zero… Il nostro compito, insomma, è quello di portare avanti il sapere acquisito, ma rimettendo tutto in discussione, attraverso e grazie a nuovi ingredienti”.
Dolci delizie sempre più attuali, in linea che le nuove esigenze, che oggi, come nel mondo della ristorazione, parlano di semplicità e informalità. “C’è un grande ritorno alla pasta sfoglia, ai dolci che si mangiano con le mani, quasi arcaici nella loro immediatezza” – rivela il Maestro.
In fondo, il segreto di un grande dolce sta nella capacità di riportarci a casa, a un ricordo, a un’emozione, anche attraverso il valore dell’essenziale.

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