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La cucina siciliana della Pasqua

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a cura di Gianna Bozzali

La sacralità dei gesti e delle ricette nei piatti della tradizione pasquale. Dalla carne d’agnello ai dolci simboli della festa, un viaggio nella memoria della cucina siciliana.

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La ‘mpanata.
Ph. credits: @barbara_conti

Un periodo di Quaresima un po’ difficile quello che tutti stiamo vivendo a causa del problema Coronavirus. Di certo un momento che spinge chiunque a fermarsi e a riflettere, certi che prima o poi si uscirà da questa drammatica situazione con la Primavera pronta a regalare la sua bellezza e la sua aria frizzantina. Con uno stato d’animo diverso da quello degli anni precedenti ci si appresta comunque a vivere la Pasqua. Forse sarà sottotono, ma non mancherà di certo del calore di famiglia che da secoli la anima. Sarà festa comunque e lo sarà anche a tavola. Concluse le ristrettezze e le rinunce della Quaresima, anche in Sicilia ci si appresterà a preparare i piatti della tradizione.

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Gianni Giardina

Immancabile è l’agnello, simbolo di purezza e riscatto, nelle sue tante declinazioni: se a Palermo si arrostisce e si serve con le patate, a Ragusa è un trionfo di gola nella sua ‘mpanata pasquale, un involucro di pasta dalle origini spagnole al cui interno vi sono tocchetti di agnello, prezzemolo, cipolla, piselli e olio evo. Piccola variante, tipica della città di Comiso, sono i pasturieddi, una sorta di pastizzo di interiora d’agnello, anche se oggi molti preferiscono usare la carne di vitello macinata.

“L’agnello lo si può preparare al sugo oppure in umido con le patate cotto lentamente nel tegame di coccio – spiega Gianni Giardina, uno dei più noti macellai della Sicilia-. Nell’agrigentino viene preparato al forno gratinato con il pomodoro, la cipolla, l’origano, aggiungendovi del formaggio quale il Caciocavallo ragusano o il pecorino. Il consiglio che do alle massaie è di stare attente all’etichetta: chiedete la tracciabilità della carne e diffidate dalle offerte speciali. Una volta acquistato, conservate l’agnello avvolto nella pellicola in frigo per massimo 48 ore, perché è una carne bianca molto delicata”. Tra i piatti che si servono a tavola il giorno di Pasqua troviamo a Messina u sciusceddu, una minestra di origini francesi a base di uova, pollo e ricotta; nel siracusano la gallina con il riso, mentre ad Agrigento si va pazzi per il tegame pasquale d’Aragona, un elaboratissimo primo piatto fatto con pasta, uova, formaggio, pane raffermo, zafferano e cannella e cotto al forno lentamente. Una ricetta adatta per gli stomaci forti è quella delle stigghiole, una sorta di involtini realizzati con una parte dell’intestino intrecciata intorno a uno spiedo che in alcuni casi è costituito da steli di prezzemolo e dalle cime verdi delle cipolle. Abbastanza simili alle stigghiole sono i turciniuna ragusani, involtini a base d’interiora d’agnello fasciati dall’omento ossia dalla retina che avvolge l’addome.
Queste pietanze nascono tra le mura domestiche, anche se diverse rosticcerie le propongono alla propria clientela. Hanno gesti e tempi dal sapore antico, quando la pazienza accompagnava le donne che si riunivano in casa per cucinare insieme dividendosi i compiti, con le più anziane dedite ad insegnare alle più giovani dosi e tecniche di preparazione. Aprendo le porte di una immaginaria cucina dell’800 ci apparirebbero donne indaffarate nella preparazione di questi piatti, qualcuna mentre suggerisce di apportare qualche modifica, qualcuna intenta a pulire bene le carni, tutte con lunghi grembiuli allacciati alla vite.

Scene che assumono colori diversi e prendono vita ogni anno perché è ancora forte in Sicilia il desiderio di rendere onore alle tradizioni. Nei giorni antecedenti la Pasqua è un susseguirsi di chiamate al cellulare, pizzini di carta con annotati gli ingredienti da acquistare, e poi la festa del ritrovarsi ai fornelli con amiche, nonne e mamme e preparare insieme quei piatti della Pasqua in grado di sprigionare i profumi della sacralità.
Un cenno meritano anche i dolci, immancabili nella tavola della domenica di festa.

Nella vasta produzione pasticcera siciliana il posto d’onore va senz’altro alla cassata, capolavoro barocco di pan di Spagna, pasta reale, ricotta e canditi. Durante la settimana Santa e la Pasqua si preparano anche dolci dalle forme diverse che evocano simboli religiosi: abbiamo così i picuredda (le pecorelle di pasta reale), tra le quali famose sono soprattutto quelle ripiene di pistacchio e zuccata preparate dalle monache del monastero di Palma di Montechiaro, i cassateddi, dolci di pasta frolla e ricotta, a cuddura i Pasqua, i pupi cu ll’ova e l’aceddi cu l’ova, dove l’uovo sodo rappresenta la vita. Infine, altro dolce tipico di alcune zone dell’Isola, in particolare di Favara, è l’agnello pasquale, dove una dolce pasta di pistacchio viene ricoperta da pasta di mandorle a differenza delle pecore pasquali fatte con sola pasta di mandorle.

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@EleonoraCavaleri

Foto di anteprima: @LiudmilaMusatova

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