Ricorda a memoria ogni piatto e l’anno della creazione, ama viaggiare per scoprire ingredienti e tecniche nuove in giro per il mondo, delizia i palati più esigenti proponendo dei connubi di sapore bilanciati tra le sue radici emiliane e le sue esperienze londinesi. Valentino Cassanelli e la sua brigata si confrontano per creare piatti che profumano di mare accarezzati dai toni più freschi delle Alpi Apuane poco distanti, proprio per esprimere quell’armonico territorio che li ospita e di cui vogliono trasmetterne tutte le caratteristiche nei loro menù.
É considerato uno degli chef più originali e creativi del momento e continua a dare sfogo alla sua creatività con diversi format all’interno del boutique hotel Principe di Forte dei Marmi: dall’elegante Lux Lucis dove la cucina si affaccia sul mare e la luce predomina incontrastata, al Dalmazia, il ristorante sulla spiaggia dove si può mangiare anche con i piedi immersi nella sabbia, accarezzati dalla brezza salmastra della Versilia.
Sei approdato all’Hotel Principe Forte dei Marmi come executive chef nel 2012 e dopo pochi mesi è nato Lux Lucis. Ci racconti questo excursus?
“In realtà il mio approdo al Principe è stato legato fin dall’inizio alla nascita di Lux Lucis. Infatti, il progetto del management era di realizzare un ristorante, aperto anche alle persone esterne all’hotel e di conseguenza, il mio arrivo qui ne prevedeva già l’apertura a breve. Quest’anno festeggeremo i nostri primi dieci anni. Non volevo arrivare in albergo e continuare una procedura classica ma dare un input nuovo che potesse parlare del cibo a 360°, anche perché all’interno abbiamo già un ristorante più classico sul mare, “Il Dalmazia”, che è più legato al territorio e all’idea di autenticità dei piatti: puoi mangiare con i piedi sulla sabbia seppur mantenendo il nostro standard delle 5 stelle lusso.
Inoltre abbiamo il ristorante “Principe” a vocazione più internazionale, dove d’inverno serviamo solo la colazione, ma d’estate è aperto tutto il giorno con un’attenzione sia alla cucina del territorio che a quella più cosmopolita che offre dal sandwich a qualsiasi preparazione che richieda un cliente abituato a viaggiare e a soggiornare in alberghi come il nostro. Infine il Lux Lucis, con una vena più creativa, dove posso insieme alla mia squadra dare spazio a tutta la nostra creatività nei suoi 28 posti a sedere”.
Il nome in latino Lux Lucis è stata una tua idea? Da dove nasce?
“L’abbiamo studiato all’inizio. La traduzione letterale è “luce della luce”. È nato per l’invidiabile posizione del ristorante, che è circondato da vetrate e di conseguenza, la luce che lo inonda diventa la protagonista dell’ambiente; poi abbiamo voluto usare una parola latina per rappresentare l’idea della cucina radicata nel territorio e, infine, il concetto della “tradizione che si evolve” che è la nostra filosofia di lavoro e con questo nome abbiamo cercato di enfatizzarlo”.
Sei definito uno degli chef più creativi e originali: è tutto talento naturale oppure c’è tanto studio e ricerca dietro?
“Intanto mi fa piacere essere definito così! É ovvio che dietro ci sia uno studio, una dedizione e un impegno totale rispetto al lavoro che come dico sempre, non è un lavoro, ma uno stile di vita perché quando si sposa una professione, non c’è un momento in cui s’inizia e un momento in cui si finisce o uno stacco vero e proprio. Poi c’è uno studio costante per mantenerci aggiornati, per trovare prodotti nuovi in uno scambio continuo con la mia brigata. Amo viaggiare e cerco di trovare sempre ingredienti nuovi, tecniche differenti dalle nostre. Infine c’è poi la parte istintiva, quella personale quella che dà l’input alla ricerca e allo studio tramite il quale cerco di esprimere me stesso in quello che cucino, sperando che sia apprezzato dalla maggior parte delle persone”.
La cucina del Lux Lucis è principalmente emiliana come le tue origini oppure è un incrocio di gusti e culture?
“Il mio percorso parte dall’Emilia e gira per il mondo: infatti, la nostra è una libera espressione di cucina italiana come la descrivo nel nostro menù. La definisco così perché la reputo libera in quanto non segue né mode né fili conduttori ma un suo personale pensiero. Parliamo soprattutto di Toscana e Versilia perché ci sentiamo ambasciatori di un territorio molto favorevole, ma è chiaro che come tutto quello che si esprime a livello personale, dentro racchiude anche il nostro background per cui c’è anche l’Emilia sia come ingredienti sia per come vengono elaborati”.
Qual è il profumo che ti riporta alla tua infanzia in cucina?
“Da emiliano, inutile negarlo il principale è quello del brodo. La domenica mattina sentivi il profumo del brodo inondare la casa insieme all’altro classico profumo del soffritto. Infatti, unendo questi due aromi nel 2018 ho creato un piatto intitolato “Radici” in cui questi due ingredienti si fondono in questo intenso brodo di soffritto per accompagnare una polpetta che richiama il ripieno del tortellino, quello che si rubava quando la nonna impastava sulla tavola. “Radici” appunto, per ricordare quello che era il mio risveglio la domenica mattina da ragazzo”.
Quando crei un nuovo piatto quindi parti dalla memoria o dall’ingrediente?
“Diciamo che è un mix di entrambe le cose. Ogni patto ha una sua storia e viene fuori in una maniera totalmente diversa. Il processo creativo spesso parte da un’espressione che si vuole imprimere, come fosse un’istantanea. É l’elaborazione di un momento e quindi ovviamente va a pescare nella memoria ma non solo anche negli ingredienti stagionali, nei profumi, nei colori: un mix appunto di ricordi, materie prime, tecniche e personalità”.
Qual è il tuo piatto preferito tra tutti quelli che hai creato in questi anni? Ne porti uno nel cuore che non riesci a togliere dalla carta?
“Fortunatamente ce n’è più di uno (ride). MI viene in mente la “triglia marinata al pino marittimo” che è uno dei piatti che amo di più e solitamente quando apriamo il Lux Lucis in primavera, la inseriamo come stuzzichino, perché non è più in carta dato che risale al 2013. Quando l’assaggio mi riporta alle stesse emozioni di quando è nato: l’idea era di unire questa brezza salmastra classica della Versilia e quella della pineta con questo pesce predominante tipico del Tirreno. Altri piatti che ho nel cuore sicuramente il “maccheroncino con il karkadè” e l’”anguilla al timo”. Ho la memoria fresca perché quest’anno festeggeremo i dieci anni per cui stiamo ripescando molti di questi piatti storici e li stiamo ri-elaborando per quest’anniversario così importante per noi e di cui non posso svelare ancora niente…”.
Collabori con l’Università di Pisa e i produttori del luogo per la valorizzazione dei prodotti locali. Quanto è importante non perdere il nostro patrimonio di materie prime? Viene trasmesso ai giovani nelle scuole secondo te?
“Spero vivamente, che con tutto il rumore che si sta facendo sulla sostenibilità del territorio e sulla vicinanza delle materie prime e dei prodotti, che anche le scuole si adoperino in questo senso per trasmettere quanta ricchezza abbiamo e le modalità per preservarla al meglio senza creare ulteriori danni diventando con il nostro lavoro ambasciatori del territorio”.
Chi è stato il tuo maestro in cucina? Qual è l’insegnamento più importante che ti ha trasmesso?
“Sono stato fortunato nel mio percorso ad aver incontrato persone che mi hanno dato tanto. In tutti i posti dove ho lavorato, ho ricevuto qualcosa e non solo dagli chef ma anche dai ragazzi delle brigate. Quando lavori in un ambiente dove c’è uno scambio continuo d’idee, di sapori, di pareri, di cose soggettive ma anche oggettive è normale che ci sia sempre uno scambio in crescita con chiunque senza nessuna gerarchia. Da Giorgio Locatelli alla Locanda Locatelli, al Nobu fino a Cracco e Baronetto, tutti mi hanno aperto un mondo a cui ispirarmi e mi hanno trasmesso qualcosa di fondamentale per la mia formazione”.
Stai lavorando a qualche nuovo progetto o puntando alla seconda stella Michelin?
“Stiamo cambiando diverse cose per quanto riguarda la colazione e il pranzo per dare delle novità ai nostri ospiti perché abbiamo molti clienti che tornano. Per il Lux Lucis ci stiamo attrezzando per festeggiare il decimo anniversario e faremo qualcosa di speciale continuando con la nostra idea d’innovazione ma con l’attenzione sempre al nostro territorio. La seconda stella sicuramente farebbe piacere a tutta la squadra, noi lavoriamo sempre per ottenere il massimo risultato da quelle che sono le nostre capacità e cerchiamo di dare il massimo ai nostri clienti per fare in modo che possano vivere la migliore esperienza della loro vita! La seconda stella Michelin sarebbe gradita, anche se non è l’unico obiettivo per cui lavoriamo, ma naturalmente ci pensiamo, inutile negarlo”.
Un aneddoto divertente che vuoi condividere.
“Avendo una cucina aperta sul pubblico senza nulla davanti succedono diverse cose simpatiche sia all’interno che all’esterno ma sicuramente la cosa che ci ha fatto sorridere di più, è stato quando un personaggio buffo, nostro ospite, si è fermato chiedendoci dov’era il bagno (ride)”.
Foto di anteprima – Credits: Matteo Andrei