Nel cuore delle colline trentine, la Cantina Sociale di Trento rappresenta un presidio di tradizione vitivinicola e innovazione. Abbiamo avuto il piacere di intervistare il dott. Alfredo Albertini, Direttore della Cantina, che ci ha raccontato il suo percorso personale, la filosofia che guida la produzione e la visione per il futuro del Trento DOC. Una storia fatta di passione per la terra, rispetto per l’ambiente e impegno nella qualità, che si traduce in vini spumanti autentici e profondamente legati al territorio.
Qual è stato il suo percorso personale e professionale fino a diventare Direttore della Cantina Sociale di Trento?
Mi sono laureato in Scienze Agrarie con una tesi in viticoltura, in particolare in biochimica. Dopo alcune esperienze formative nel settore alimentare e agricolo, sono approdato nel mondo del vino e delle cooperative. Da oltre vent’anni sono alla Cantina Sociale di Trento, dove ho cumulato due esperienze, intervallate da un lungo periodo presso la Cantina di Negrar.
Come descriverebbe la filosofia produttiva che guida la cantina oggi?
Funzioniamo come una grande azienda agricola. I nostri 400 soci producono uva prevalentemente sulle colline intorno alla città di Trento; noi la trasformiamo in vino e la commercializziamo, soprattutto in bottiglia con i nostri marchi. L’enologia segue il lavoro in campo, che da tradizione rispetta l’ambiente e il territorio vocato, da sempre.
In che modo il suo approccio alla vinificazione si riflette nel 601 Trento Doc?
Si riflette nella preparazione di una cuvée che rispetta pienamente la filosofia di autenticità della Cantina di Trento.
Qual è il significato del nome “601” e cosa lo rende unico tra i Trento DOC?
“601” è un tributo all’altimetria dei nostri vigneti, rappresentata anche graficamente con un piano inclinato che richiama la pendenza della viticoltura collinare ed alpina. Il suo timbro, immediato ma non semplice, pensato per un consumo alla mescita, restituisce una personalità fresca ma decisa.
La scelta del solo Chardonnay: cosa porta in termini di espressione del territorio?
I nostri vecchi lo chiamavano ancora “Borgogna bianco”, a testimonianza della sua lunga presenza nella viticoltura locale. Lo Chardonnay ha dimostrato una straordinaria adattabilità alle condizioni dure della montagna, offrendo espressioni varietali ricche e sfumate a seconda delle microaree.
Quale momento ritiene ideale per degustare il 601? E con quali abbinamenti lo consiglierebbe?
Con stile ed eleganza, senza semplificazioni. È un metodo classico rigoroso che si gusta al meglio in momenti sociali meno formali, ma sempre esigenti nella qualità senza compromessi.
Quanto è importante il suolo calcareo e siliceo del Trentino per l’identità del vostro spumante?
La matrice geologica influisce profondamente sugli esiti della viticoltura. Il nostro vigneto gode di una varietà pedologica eccezionale: suoli vulcanici (porfirici) e marnosi (antico fango marino) conferiscono ai nostri Trento DOC una fingerprint unica fatta di sapidità minerale, nerbo acido ed eleganza.
Come si differenzia il Trento DOC rispetto ad altri metodi classici italiani ed europei?
Il Trento DOC deve trasmettere, partendo da un’uva di montagna, una percezione di pulizia organolettica che racconti la ricchezza di un ambiente integro.
Qual è la visione futura del Trento DOC, e quale ruolo gioca la Cantina Sociale di Trento in questo sviluppo?
Lo sviluppo del Trento DOC è nelle mani responsabili di tutti i produttori. Noi, Cantina Sociale di Trento, ci sentiamo partecipi e ancor più responsabilizzati per il nome che portiamo. La nostra identità viaggia parallela a quella del Trento DOC, con passione e progettualità.
Potrebbe raccontarci qualcosa sulle pratiche agronomiche adottate dai vostri soci viticoltori?
C’è un racconto autentico che merita di essere condiviso: un nostro socio, che coltiva a 800 metri di quota, per proteggere le viti da cervi e caprioli appende ai filari ciuffi di lana sudicia di pecora, usata come deterrente naturale. È un esempio di come pratiche agronomiche sostenibili non siano una moda moderna, ma parte di una tradizione secolare.
Qual è il ruolo dell’innovazione tecnologica nella produzione di vini spumanti di alta qualità?
L’innovazione è benvenuta: qualcuno pensa già all’intelligenza artificiale in vigneto e in cantina. Tuttavia, la sfida rimane immutata: trasmettere l’autenticità del genius loci, mantenere l’artigianalità del metodo ed elevare lo standard qualitativo fino a raggiungere nuove eccellenze.