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Feudi del Pisciotto. Dalla Toscana alla Sicilia, un amore per il vino lungo oltre vent’anni

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Radici toscane, passione siciliana, visione internazionale. Si potrebbe racchiudere in queste parole l’anima di Feudi del Pisciotto, la tenuta appartenente al gruppo Domini Castellara di Castellina che ha preso vita grazie alla passione di Paolo Panerai, giornalista e noto editore di origini toscane nonché grande appassionato di vini. Fu lui che nel 1979 fondò Castellara di Castellina in Toscana, precisamente nel Chianti Classico e poi Rocca di Frassinello, in Maremma Toscana. Ammaliato dai paesaggi mediterranei, dopo un viaggio in Sicilia nei primi anni del 2000, Panerai decise di acquisire un antico casale risalente al 1700, non lontano da Caltagirone e da Piazza Armerina e a soli 7 km dal mare (in linea d’aria). Come arroccato sulla cima di una balza tufacea degradante verso il Mediterraneo, questo luogo ha mantenuto quasi intatte le proprie straordinarie architetture originarie, a cui sono stati aggiunti – con un organico progetto di landscape – i corpi di fabbrica della nuova cantina e della barriccaia che ne hanno fatto una delle strutture enologiche e di ospitalità più avanzate in Sicilia. Ed è qui che l’amore per il vino di Panerai è esploso dando vita ad un nuovo progetto, tutto siciliano: Feudi del Pisciotto, cantina ma anche wine relais ed un ristorante d’alta cucina.

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Il nucleo originario conserva ancora un bellissimo palmento a otto vasche perfettamente restaurato, unico in Sicilia per dimensioni e stato di conservazione. In tutto circa 190 ettari, di cui buona parte a bosco (siamo ai margini della Riserva Naturale Sughereta di Niscemi), mentre 44 sono gli ettari vitati di cui 15 disposti intorno all’azienda e gli altri adagiati su una spettacolare collina. In cantina si usano delle vasche in cemento per la stabilizzazione dei vini e barrique in rovere francese. In Sicilia, a seguire la produzione dei vini è l’enologo Marco Parisi, da circa 6 anni a Feudi del Pisciotto. Ben 15 le etichette prodotte. “Abbiamo pochi bianchi – commenta l’enologo-. Abbiamo scelto di puntare principalmente sui rossi probabilmente perché risentiamo delle origini toscane. Il nostro Gruppo, inoltre, vanta la collaborazione con l’enologo Alessandro Cellai, un grande punto di riferimento per noi”. Nei vigneti di Feudi sono protagoniste le varietà autoctone quali Nero d’Avola e Frappato, ma anche quelle internazionali come Merlot, Cabernet, Pinot Nero (da cui nasce le grand vin di Feudi del Pisciotto). Interessante il Cerasuolo di Vittoria DOCG la cui etichetta è stata disegnata da Giambattista Valli. Questo rosso è prodotto secondo il disciplinare di produzione dell’unica DOCG della Sicilia e quindi da uve Nero d’Avola e Frappato (60% e 40%), vinificato in acciaio e affinato 10 mesi in barrique di cui degustiamo l’annata 2019. Rosso rubino con bagliori porpora. Si apre con intense percezioni di frutta a bacca rossa (marasca, melagrana) tra gradevoli toni floreali e speziati. Sorso pieno, morbido grazie a dei tannini scorrevoli. Chiusura avvolgente, dai dolci ritorni fruttati. Retrolfatto persistente.

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Il progetto enologico di Feudi del Pisciotto ha preso corpo anche grazie alle intuizioni di Giacomo Tachis (padre del Rinascimento enologico italiano) che suggerì di produrre un vino passito da Gewürztraminer e Semillon, assemblati in parti uguali, fuori dalla tradizione dello Zibibbo, ma allo stesso tempo dimostrazione (così come riteneva lo stesso Tachis) che in Sicilia si può coltivare qualsiasi vitigno (“luce e umore (terroir) della Sicilia permettono di coltivare con successo qualsiasi vitigno, sapendolo fare”). Degustiamo il Passito 2015 IGT Terre Siciliane. Si presenta con un bellissimo colore oro. Al naso sprigiona note di frutta secca, miele. Qui le note intensamente aromatiche del Gewürztraminer si sposano perfettamente con l’eccellente struttura del Semillon. Al sorso sa non essere stucchevole, regalando una perfetta acidità: un vino dalla grande eleganza impreziosito dalla semplice etichetta firmata da Gianfranco Ferrè il cui tratto magistrale sa raccontare questo matrimonio enologico internazionale, tra uve alloctone e la Sicilia.
Ma a proposito di Sicilia, il Gruppo Castellare di Castellina ha pensato di spingersi anche verso la parte occidentale dell’Isola e precisamente a Porto Palo di Menfi, nei pressi dell’antica città greca di Selinunte: è qui che sorge l’altra cantina siciliana del Gruppo ossia Gurra di Mare. Solo un ettaro e mezzo. Qui si produce il Tirsat IGT Terre Siciliane di cui assaggiamo l’annata 2020. Chardonnay e Viognier in blend al 50% da vigne che si affacciano sul mare, su un terreno sabbioso, difficile per fare viticoltura ma capace di dare vita ad un bianco sapido e minerale. Tirsat deriva dal nome arabo di Porto Palo (Tirsat Abi Tawar) che significa scoglio ma anche ponte, tra il mondo arabo e occidentale. Colore giallo dorato, al naso spiccano le note floreali tipiche del Viognier, nonché di frutta a polpa gialla, spezie e miele. Per questo vino si è deciso di far svolgere la fermentazione malolattica la quale contribuisce alla sua morbidezza data, in particolare, dalla maturazione sur lie (dopo la fermentazione alcolica, infatti, Tirsat fa una permanenza sui lieviti per 12 mesi). Infine, una piacevole sapidità lo rende armonico.
Ci fa piacere parlare di Feudi del Pisciotto anche per un aspetto squisitamente sociale che la vede protagonista. Si devolve spesso parte dei ricavi in progetti di recupero dei beni archeologici o culturali. L’azienda è stata infatti madrina di un progetto di fundraising, finalizzato al restauro di opere antiche in Sicilia, realizzato con il sostegno delle griffe che hanno firmato le etichette della Collezione Grandi Stilisti di Feudi del Pisciotto. L’Eterno, il grand cru della cantina 100% Pinot Nero, ha infatti celebrato il primo intervento sull’omonimo trittico di Giacomo Serpotta che si trova custodito all’Oratorio dei Bianchi alla Kalsa di Palermo.

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