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Federico Zanellato, cuore italiano della cucina giapponese

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Dall’Italia all’Australia, il passo è breve. Nelle quasi 10 ore di fuso orario da un continente all’altro, c’è un sottile filo che unisce due mondi diversissimi. È la passione per la cucina, che spesso fa miracoli, riuscendo a creare legami indissolubili, che si stringono nell’animo.
Ed è quello che è accaduto a Federico Zanellato, chef di origini venete ormai da anni a Sydney, dove dal 2014 è alla guida, insieme con la moglie e sommelier Michela, del LuMi Dining Restaurant.

Miglior chef italiano all’estero, il suo ristorante ha ricevuto due cappelli – perché dall’altra parte del mondo anche le stelle cambiano nome. È questo un luogo suggestivo e informale, dove poter vivere un’esperienza gastronomica unica e irripetibile. E deve essere così ogni volta che si ha di fronte un professionista dei fornelli come Federico Zanellato.

E se i premi non fanno il professionista, è pur vero qualcosa la raccontano. Allora non si può non dire di lui che è stato nominato Citi Chef of The Year nel 2017 da SMH Good Food Guide e che il suo ristorante è classificato tra i Top 100 2016 dall’Australian Financial Review. Una passione per la cucina, la sua, nata qualche tempo fa ormai, e che va di pari passo con un amore smisurato per i viaggi, per le altre culture, per la diversità nel mondo. Sono stati i nonni a insegnargli come si cucina, come si scelgono gli ingredienti, e poi i maestri sono aumentati: Francesco Apreda, Maurizio Morelli e Heinz Beck, che gli ha anche insegnato a degustare, a “sentire” i sapori.
Innovativo e originale, con un’estetica distintamente giapponese, il suo cibo italiano infrange le regole in tutti i modi deliziosi. Questa la definizione della cucina di Federico Zanellato, che abbiamo “incontrato” per Food Lifestyle.

Come arriva Federico Zanellato in Australia?
Sono arrivato in Australia la prima volta all’età di 22 anni per fare un’esperienza diversa all’insegna del surf. Purtroppo l’Australia ha delle regole d’immigrazione molto rigide e così, allo scadere del mio working holiday visa, sono dovuto tornare in Italia. Mi sono fermato a Roma per circa 6 anni, dove ho avuto esperienze importanti in cucina in particolare alla Pergola con lo chef Heinz Beck. A Roma ho conosciuto mia moglie Michela e un po’ stanchi della situazione socio/politica Italiana, abbiamo deciso di tornare insieme qui a Sydney e provare a costruire il nostro futuro.

Come definiresti la tua cucina?
Mi piace l’idea di cucinare con una mentalità giapponese e con un cuore italiano, utilizzando ingredienti prevalentemente della zona. L’Australia ha delle materie prime eccezionali e in questo mi ricorda molto l’Italia.

Cosa ti manca dell’Italia?
Più che l’Italia in sé, mi manca “l’europeità”, se mi si consente questo termine. Mi manca l’essere vicino alle culture gastronomiche europee come quella della Spagna, della Scandinavia, ma potrei fare un elenco lunghissimo.

Qual è lo chef a cui ti ispiri e che secondo te ha rivoluzionato davvero il mondo della Cucina mondiale?
Difficile da dire, non ce n’è uno in particolare, ma tanti, ognuno con delle caratteristiche che ammiro. Sicuramente in termini di innovazione e rivoluzione c’è Ferran Adria, ma anche Heston Blumenthal e Renee Redzepi, che hanno rivoluzionato la storia della cucina nell’ultimo decennio.

Secondo te, quando un piatto può dirsi perfetto?
Il piatto perfetto non c’è mai e penso che il concetto di perfezione sia individuale. Personalmente mi piace trovare equilibrio tra sensazioni sapide, dolci, acide con particolari consistenze.

Il tuo piatto meglio riuscito?
Stranamente è un dessert. Non nasco come pasticciere, ma è un piatto che a distanza di 5 anni ancora mi viene richiesto. Si chiama “Evergreen” ed è un sorbetto di acetosa, meringa di menta, gelatina di shiso e granita di basilico.

Quali sono le caratteristiche che un giovane chef in erba deve possedere per intraprendere questa carriera?
L’umiltà è importante per imparare, la curiosità è fondamentale per innovarsi e poi la passione, senza la quale il lavoro di uno chef non risulterebbe così entusiasmante, anche se duro.

Il complimento migliore e la critica che ti ha aiutato a diventare quello che sei oggi.
Sicuramente le lacrime di commozione di un cliente molto anziano che non aveva mai avuto un’esperienza di fine dining. E poi, le critiche di mia moglie, l’unica che mi dice sempre volente o nolente, quello che pensa dei miei piatti.. a volte troppo!

La cosa più buona che hai mai mangiato?
Marron, lemon myrtle e formiche verdi da Orana a Perth.

Cosa ti piace fare nel tempo libero?
Mi sono appassionato allo Yoga ma la mia vera passione sono i libri di cucina e blog enogastronomici. Impazzisco per le mie gemelline con cui cerco di giocare il più possibile.

Un sogno nel cassetto…
Poter dedicare più tempo alla mia famiglia…e viaggiare con mia moglie e le mie figlie il più possibile…Scoprire posti nuovi e culture diverse è il vero nutrimento.

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