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Ernesto Iaccarino: benvenuti a “Casa Don Alfonso” 1890

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Don Alfonso 1890 racconta una lunga storia di famiglia: oltre un secolo e quattro generazioni di vite votate all’ospitalità e alla ristorazione.
Siamo a Sant’Agata sui Due Golfi, in un palazzo napoletano del XIX secolo. Sullo sfondo lo scenario suggestivo e pittoresco della Penisola Sorrentina, coi suoi profumi agrumati, le insenature incantate e i colori caldi e limpidi. Una terra unica e dalle tradizioni alimentari millenarie.

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È proprio sul rispetto per l’identità mediterranea che la famiglia Iaccarino ha fondato il proprio stile di vita e la mission di impresa. Una famiglia capace di trasformare la visuale privilegiata che si gode da queste terre in un racconto di amore per le proprie radici e una sfida di successo: fare una grande ristorazione impiegando le eccellenti materie prime del luogo.
Oggi il Don Alfonso 1890 è hotel, ristorante dalle meritate due stelle Michelin, con una fornita e millenaria cantina, e azienda agricola. E poi c’è la “Don Alfonso Consulting & Distribution”, per la distribuzione di prodotti d’eccellenza e consulenze nell’ambito dell’alta ristorazione.

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Non è tutto, ma per il momento fermiamoci e facciamo un salto indietro nel tempo, a quando la storia ebbe inizio. Ci facciamo condurre nel viaggio da Ernesto Iaccarino, che mentre ci accompagna nel suo regno, la cucina, ci narra un po’ di sé, della sua infanzia. È proprio tra i profumi dell’infanzia che i ricordi svelano una vocazione “di sangue”, quell’attitudine che si tramanda da una generazione all’altra, sempre più forte. Ed è qui che trapela, naturale, il radicato rispetto ai precetti secolari della proposta gastronomica del Don Alfonso.

“Il Don Alfonso 1890 – racconta – è il nome che mio padre Alfonso ha voluto dare al ristorante-pizzeria di famiglia nel 1973. Lo dedicò al mio bisnonno, Alfonso Costanzo Iaccarino, che nel 1890 aprì qui a Sant’Agata una pensione. Papà e mamma Livia decisero di abbandonare la gestione dell’albergo e dedicarsi completamente alla ristorazione. Io avevo tre anni allora e fin da bambino ho respirato la vita del ristorante. Mi piaceva studiare, ero bravo a scuola, ma poi i weekend aiutavo i miei. Il sabato mi divertivo molto di più a lavorare al ristorante piuttosto che andare in discoteca. Ho sempre fatto tanto sport, ho studiato tanto e sono sempre stato un gran lavoratore. Forse non so ballare – ride -, ma posso dire di aver imparato a non perdere tempo! Andai all’università e mi laureai in Economia e Commercio a Napoli. Terminati gli studi, però, dissi che volevo stare in cucina. La cosa incredibile è che mio fratello Mario invece ha fatto l’Alberghiero in Svizzera e poi tantissimi stage in cucine anche importanti d’Europa. Ma preferì stare in sala. E così, quasi per caso, ci siamo trovati d’accordo sui nostri rispettivi ruoli”.

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Così oggi Ernesto è l’ultimo anello forte di una catena di Iaccarino in cucina, Mario è il maître di sala, mentre Alfonso e Livia sono tornati alla regia di uno dei relais più rinomati in Italia.
Qualità, a partire dalla materia prima, ovviamente, è sempre stata la parola d’ordine del progetto ristorativo di Alfonso Iaccarino sin dagli anni Settanta, ma è nel 1980 che la storia segna una nuova e decisiva svolta. “Decidemmo – continua Ernesto – di fare un ulteriore salto. Scommettemmo sulla sfida di una ristorazione di alto livello. Ma non guardando al Nord Europa e alla cucina francese che in quel momento era in grande voga in Italia. Volevamo tirare fuori la nostra identità, guardare al modello della dieta mediterranea e gravitare attorno ai 3000 anni di storia gastronomica del mezzogiorno d’Italia”.
Si farebbe presto a raccontare la cucina del Don Alfonso 1890 dicendo che da allora, dagli anni Ottanta, rispetta la cultura e le storiche tradizioni alimentari della Penisola Sorrentina, senza dimenticare l’innovazione. Ma parlare di cucina contemporanea che mantiene salde le radici della cultura gastronomica del Mezzogiorno sarebbe quanto meno riduttivo.
Un piatto come il famoso Vesuvio di Rigatoni non è solo un esempio di trasformazione di un piatto tradizionale della cucina napoletana (la pasta al forno) in una portata di alta cucina, ma il racconto di un’essenza identitaria (e di una conoscenza delle tecniche e della storia della gastronomia) più unica che rara.

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La cucina – spiega Ernesto – è da sempre evoluzione, è da sempre un viaggio. La nostra è una cucina che si contamina. Vai all’estero e scopri una nuova cultura, nuovi prodotti. Scopri un ingrediente e te ne innamori, poi lo porti a casa e con quell’ingrediente fai un viaggio. In carta per esempio ho il maialino nero casertano. Lo servo con la cotenna croccante, su una crema di sedano, una chutney di cipolla rossa e una purea di patate alla curcuma. Questo piatto è un viaggio. E te ne rendi conto solo dopo averlo fatto, non prima, mentre lo pensi e lo prepari. Ho preso la tecnica di cottura del maialino in Cina, poi sono passato per il Maghreb africano per l’uso delle spezie, sono andato in India per il chutney e sono tornato a casa atterrando nella cipolla rossa che viene dalla nostra azienda agricola. Ecco quello che voglio dire: quando rileggi il piatto ti rendi conto che è il frutto di una stratificazione di esperienze che hai fatto negli anni e che porti nella tua cucina. Ovviamente lo stesso viaggio di contaminazioni avrebbe un risultato diverso se fatto da un francese o un inglese piuttosto che da un ragazzo napoletano
che vive da 50 anni in Costiera Amalfitana. Perché ti contamini ma mantieni la tua identità e la tua cultura. La contaminazione in cucina è una cosa fondamentale; senza la contaminazione non ci sarebbe evoluzione. Ma altrettanto fondamentale è contaminarsi mantenendo solida e salda la tua cultura”.

I piatti di Ernesto Iaccarino nascono tutti dall’incontro con un prodotto straordinario. Prodotti di qualità e biologici, cultura gastronomica locale e ricordi, poi, messi insieme rendono unico il sigillo del Don Alfonso 1890. Quel quid identitario, appunto, che si svela anche nel racconto di uno dei primi piatti portati in carta da Ernesto. “Feci un uovo cotto a bassa temperatura – rammenta – con una spuma di mozzarella, tartufo bianco e fagiolini. Nacque da un ricordo e dall’amore per il tartufo bianco. Quando ero piccolo i miei genitori compravano per il ristorante i tartufi bianchi di Alba e li tenevano nel frigorifero di casa. Io la mattina bevevo il latte, che stava nello stesso frigo, ed era impregnato dal potete e invadente profumo del tartufo. Interpretai questo ricordo e feci l’uovo con una spuma di mozzarella al tartufo molto eterea, che mi riportava alla mente quel latte di quando avevo 10 anni…”.

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È con questa identitaria contaminazione e messa al centro dei prodotti di eccellenza che il Don Alfonso è sbarcato all’estero. Ed ecco che oltre a hôtellerie, ristorante, azienda agricola, distribuzione e consulenza, Don Alfonso 1890 è anche “Don Alfonso nel mondo”. Toronto, Nuova Zelanda, Macao ed ora Saint Louis, negli Stati Uniti: la cucina del Don Alfonso cambia eppure resta identica. “La nostra idea di cucina – spiega Ernesto – resta sempre la stessa. Il punto di partenza è sempre il prodotto. Quando abbiamo aperto a Toronto per esempio la prima cosa che abbiamo fatto è stato andare alla scoperta dei prodotti eccezionali locali. Abbiamo trascorso un intero mese tra mercati e allevamenti. Perché è inutile fare all’estero una cucina con delle materie prime italiane che lì non hanno la stessa qualità o magari fai fatica a trovare. In ogni paese ci sono dei prodotti incredibili, come il bisonte o i funghi in Canada, oppure i manzi in Nuova Zelanda. I nostri progetti gastronomici in ogni paese nascono dallo studio dei prodotti locali. Poi li interpreti con quella sensibilità e cultura mediterranea che ti porti dentro da sempre. E così, in ogni parte del mondo nasce un progetto completamente nuovo”.
A Toronto o in Nuova Zelanda esattamente come a Sant’Agata sui Due Golfi: dalla terra e dal mercato al piatto. Prodotti di eccellenza interpretati in un concetto mediterraneo. E così, ovunque vada, la famiglia Iaccarino resterà sempre “Casa Don Alfonso”!

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