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Conservazione sotto sale: la prima testimonianza è di 10mila anni fa

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Pesce conservato con la tecnica della salatura. La rivelazione giunge dallo studio di alcuni fossili di pesce trovati sulle sponde del fiume Nilo, nel villaggio di Al Khiday, in Sudan, e risalirebbe a circa 10mila anni fa. Una scoperta che appartiene a Lara Maritan, dell’Università di Padova, che ha potuto così dare testimonianza di come l’usanza di conservare i cibi sotto sale sia una tecnica tanto antica quanto attuale. Si tratterebbe della traccia più primitiva mai pubblicata su una rivista scientifica, in questo caso il Journal of Archeological Science.

Così come testimoniato all’ANSA dalla ricercatrice, questo è un “esempio unico di stoccaggio del cibo” che, oltre a dare un nuovo volto alle comunità preistoriche mesolitiche, testimonierebbe “il passaggio da una vita nomade a una più stanziale, con probabili riflessi sull’organizzazione sociale, come l’insorgere di forme di diseguaglianza, e la crescita demografica della comunità in questione”.

Nel villaggio di Al Khiday, situato a circa 25 chilometri dalla capitale Khartoum e a 700 chilometri dal Mar Rosso, gli scavi archeologici hanno permesso di scoprire, grazie al rinvenimento di resti di capanne, un cimitero e alcuni pozzetti, che la pesca d’acqua dolce contribuì alla quasi totale alimentazione della popolazione del tempo. A tal proposito, si intuisce come la tecnica della salatura del pesce fosse stata una vera e propria conquista dal punto di vista nutrizionale. Infatti, poter conservare i cibi senza che si deteriorassero permise di poter dare vita alle cosiddette “scorte”, fondamentali nei periodi di magra della pesca, come integrazione alla solita alimentazione del tempo o ancora da poter utilizzare per i festeggiamenti durante determinati rituali.

Un altro dettaglio che aggiunge particolari interessanti allo studio di Lara Maritan è il ritrovamento di alcuni frammenti di ceramica, particolare che fa pensare a come il pesce conservato sotto sale fosse stato inserito per lo “stoccaggio” in contenitori, appunto, di ceramica.

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